Obbligo Green pass e turisti stranieri
Ancora tanti dubbi tra gli esercenti

Grande disponibilità da tutti gli europei ma problemi per gli ospiti da Russia e Medio Oriente - E sui gruppi familiari difficile gestione dei minori

La certificazione verde diventata tre giorni fa obbligatoria per la consumazione nei locali interni di bar e ristoranti e che tanto sta facendo discutere ha messo alla prova anche baristi e ristoratori comaschi, che nella stagione estiva si trovano a lavorare a contatto con un gran numero di turisti stranieri.

Intanto non tutti i turisti provenienti dall’estero sanno cosa il Green pass sia, come hanno raccontato per esempio ieri alcuni giovani svizzeri che chiamano il proprio certificato di vaccinazione semplicemente “certificate” e a cui bisogna spiegare cosa si intenda qui in Italia con l’espressione “Green pass”.

Collaborazione

In generale però il clima è piuttosto disteso e come racconta Cinzia Battista, titolare del ristorante In Teatro, i turisti stranieri arrivano con tutta la documentazione già pronta: «Sanno di doverla avere e se non vogliono sedersi fuori sono assolutamente disponibili a esibirla, qualcuno addirittura arriva già con la carta di identità a portata di mano».

Un punto questo che però ha destato non pochi dubbi tra i ristoratori che si chiedono con quale autorità possano esigere di controllare i documenti di riconoscimento dei propri clienti per verificare che nome e cognome coincidano con quelli segnati sul certificato verde o sul corrispondente certificato di vaccinazione estero.

«D’altra parte, dalla normativa non risulta chiaro come dobbiamo comportarci – spiega Damiano Cassani, titolare dell’Hotel Metropole Suisse e del ristorante Imbarcadero – ma eticamente la questione è complessa, non abbiamo alcuna autorità che giustifichi un controllo di questo tipo nei confronti del cliente. Anche perché i clienti dalla Francia o dalla Svizzera si presentavano con i certificati di vaccinazione in regola già da prima che fossero obbligatori, quindi la collaborazione da parte loro c’è». C’è un altro problema però col quale bisogna fare i conti, come spiega Cassani, e riguarda in particolare i clienti provenienti dal Medio Oriente o da altri paesi extra europei dove vengono utilizzati vaccini, come quello cinese o il vaccino russo Sputnik, non riconosciuti o approvati dall’Ema. «Al momento si siedono fuori e sono tranquilli così, ma presto questo diventerà un problema, anche perché in questo momento la maggior parte della nostra clientela proviene dall’area mediorientale, quindi ho segnalato questa problematica anche in Confcommercio» ha specificato Cassani.

Dagli Usa

Tra i certificati di paesi extra europei che presentano qualche problematica in più al momento del riconoscimento figurano anche quelli degli Stati Uniti: il certificato americano infatti, anche se presentato da parte dei turisti, non sembra essere riconosciuto dal sistema di verifica dei ristoratori italiani, che di conseguenza devono richiedere ai clienti di esibirlo in forma cartacea.

In compenso, per il momento non sembrano essere loro la fetta prevalente di turisti stranieri e quelli presenti in città sono perlopiù ben disposti a esibire tutta la documentazione necessaria, senza destare particolari problemi ai ristoratori come testimoniato anche da Antonio Di Donfrancesco, incaricato di controllare le certificazioni vaccinali dei clienti al bar Touring Caffè, in piazza Cavour. Un’eccezione è però costituita dai gruppi o dalle famiglie composte anche da minori: in questo caso negli ultimi due giorni qualche evento spiacevole si è verificato. Lo raccontano per esempio all’Osteria Casa 28, in via Cinque Giornate, dove un buon 25% della clientela, costituito soprattutto da famiglie tra cui anche gruppi famigliari di turisti stranieri è andato perso, perché molti ragazzi sotto i 18 anni risultavano non essere ancora vaccinati, nonostante l’obbligo qui in Italia sia rivolto a tutti coloro che abbiano compiuto il dodicesimo anno di età.

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