Odissea di un migrante: emozioni a Parolario con Ibu e la sua storia

La rassegna Ultimi incontri ieri in piazza Perretta. Sul palco anche il protagonista del libro di Mario Schiani: «Difficile parlarne, ma ho ancora fiducia nell’umanità»

La parentesi comasca della XXIV edizione del Festival Letterario Parolario si è chiusa, ieri, con un’altra giornata fitta di incontri, che ha visto, tra le altre, anche la presentazione di una vera e propria anteprima, quella del libro “Volevo diventare grande subito” edito da Dominioni e scritto dal giornalista e autore Mario Schiani.

Con lui, sul palco di piazza Perretta, il giornalista Paolo Moretti e Ibrahima Rana Dia, detto Ibu, il protagonista di questo romanzo intenso e toccante.

La presentazione

«Sono le storie che ci scelgono – ha esordito Schiani - e questa storia ha trovato qualcuno che ha saputo ascoltarla, una comune amica alla quale Ibu ha deciso di affidarla. Lei è rimasta colpita talmente tanto da questa narrazione da decidere di chiamarmi, perché l’ascoltassi anch’io. La storia è venuta fuori a poco a poco, una lunga odissea di dieci anni che mi ha svelato un mondo che ignoravo. Non un semplice resoconto dei fatti in ordine cronologico - ha proseguito - ma un racconto permeato di emozioni, pensieri, riflessioni, paure, scelte dolorose e tanto coraggio. Mi è sembrato giusto, allora, riversarla in un libro, anche per dare una voce a chi non ce l’ha. Qualcuno ha definito i migranti “fantasmi in piena vista” e spesso questa è una scelta, perché passare inosservati è il modo migliore per non finire nei guai». Una vicenda dolorosa e quasi incredibile, quella vissuta da Ibu fin dall’età di 11 anni, una sofferenza che lui stesso è riuscito a raccontare solo quando, spiega, «ho capito che avevo bisogno di tirare fuori tutto, ma solo alla persona giusta». «Sono in Italia da otto anni, decidere di parlare di quanto mi è successo è stato difficilissimo. Nel mio lungo viaggio dalla Guinea a qui, ho incontrato persone diversissime tra loro, alcune davvero terribili, alcune meravigliose. Grazie a loro, nonostante tutto, ho ancora fiducia nel prossimo e nell’umanità».

La mattinata ha visto protagonista, invece, il docente di Storia e Filosofia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano Raphael Ebgi che ha raccontato il significato e il peso che, nella storia dell’umanità, ha rivestito e riveste ancora il numero sette, prendendo spunto dal suo saggio dal titolo “Sette. Le avventure di un simbolo”, edito da Il Mulino. A seguire, la scrittrice Pina Ligas ha accompagnato il pubblico alla scoperta delle “Anime Sperse”, narrate nel suo romanzo pubblicato da Iacobelli Editore, ambientato nell’Italia post-unitaria infiammata da lotte sociali e giochi di potere, in cui chi era “diverso”, “disabile”, “folle” e “non socialmente accettabile” veniva nascosto agli occhi di tutti, internato in istituti e avviato ad una sorta di “riabilitazione”, a volte forzata.

In serata, uno dei maggiori esperti internazionali di neuroscienze, Lamberto Maffei, partendo da una diversa definizione di follia, ha delineato i contenuti del suo “Solo i folli cambieranno il mondo”, edito da Il Mulino, attraverso la vita e le opere di artisti “folli” che hanno fatto della creatività atto salvifico e testimonianza preziosa di bellezza.

Il fotografo tra gli ospiti

Di testimonianza preziosa, poi, si è parlato anche con Gianni Berengo Gardin, fotografo di fama internazionale, che ha riportato al pubblico di Parolario “Morire di classe” volume curato proprio da Franco Basaglia e Franca Ongaro nel 1969, da tempo non più disponibile nelle librerie e oggi ripubblicato per volontà della figlia Alberta.

Qui sono raccolte le foto che ritraggono la condizione dei malati mentali nei manicomi prima della Legge 180, frutto del lavoro collettivo delle donne e degli uomini che, insieme, riuscirono a dare una svolta epocale al modo di guardare e trattare “la follia”.

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