Pensionato comasco ucciso in Moldavia. I giudici: si faccia luce sulla sua morte

Il processo Il Tribunale accoglie la richiesta di una nuova perizia sul decesso di Franco Bernardo. La Procura: “omicidio per negligenza”, non voluto. Ma per l’autopsia italiana è stato strangolato

Una super perizia con 35 domande rigorose e nette, senza giri di parole, rivolte al Centro di Medicina Legale di Chisinau in Moldavia per fare luce, si spera una volta per tutte, sulla causa di morte di Franco Bernardo, comasco di 62 anni trovato senza vita nella casa della compagna a Soroca, sempre in Moldavia, il 31 maggio del 2023.

L’inchiesta

È quanto disposto dal Tribunale dello Stato dell’Est Europa dopo il braccio di ferro tra le parti, con la Procura locale a ipotizzare un «omicidio per negligenza» (in sostanza non voluto) da parte della compagna mentre cercava di far riprendere l’uomo da un malore, e i parenti della vittima convinti del contrario, ovvero – in forza dell’autopsia che era stata effettuata in Italia – che Franco Bernardo fu ucciso dopo essere stato soffocato con forza, forse addirittura da più persone.

A rappresentare i parenti del Comasco, c’è l’avvocato moldavo Andrei Digore (in collaborazione con il legale Antonio Lamarucciola), che è riuscito nei mesi scorsi a fermare il processo già avviato mettendo sul tavolo dei giudici proprio queste palesi incongruenze da risolvere tra quanto sostenuto dalla procura moldava e quanto, a loro dire, emergeva dalle carte dell’esame autoptico.

In sostanza, come ritenuto dallo stesso Tribunale di Soroca, la ripetizione dell’esame era diventata «indispensabile» in seguito ai dubbi sulle conclusioni tratte. L’autopsia eseguita in Italia dal dottor Giovanni Scola era stata depositata anche in Moldavia, contraddicendo quello che stava emergendo in aula.

Secondo il rapporto italiano, la vittima era morta per «asfissia meccanica causata da strangolamento, commesso mediante compressione prolungata delle vie respiratorie superiori». Non solo, ma secondo quell’elaborato, il comasco aveva anche «compiuto lievi tentativi di sottrarsi all’aggressione e liberare le vie respiratorie ostruite dall’esterno». Non mancava, tra le ipotesi, che l’azione dell’assassino potesse essere stata aiutata anche da un complice presente sul luogo.

Tornando al punto d’inizio, proprio in seguito a tutte queste difficoltà il Tribunale ha disposto una super perizia che possa arrivare ad una conclusione definitiva, ponendo ben 35 domande al Centro di Medicina Legale di Chisinau.

Le richieste al perito

Tra queste quali lesioni sono state riscontrate sul corpo della vittima, quale il grado di gravità, quanto tempo è intercorso tra l’aggressione e il decesso, il numero degli eventuali aggressori, l’eventuale ebbrezza della vittima e come questa possa aver giocato un ruolo nei fatti, se sono presenti lesioni che potrebbero essere compatibili con un tentativo di rianimazione (come detto dalla compagna che ad oggi è l’unica indagata a processo), quanto tempo è stato necessario con la compressione delle vie aeree per arrivare alla morte e via di questo passo, fino a 35 quesiti precisi e dettagliati. Perizia che inevitabilmente si baserà non sulla visione diretta del corpo, ma sulle valutazioni fatte dai precedenti consulenti.

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