Perizia sul comasco morto in Moldavia. Nessun incidente, «è stato strangolato»

Il caso Franco Bernardo, 62 anni, sarebbe morto «per compressione degli organi del collo». Era stato trovato senza vita nella casa della compagna nel 2022. È lei l’unica imputata

«La morte è avvenuta per asfissia meccanica da strangolamento», mediante la «compressione del collo con un oggetto lungo contundente, o con un cappio per strangolamento». Sono parole nette (seppur tradotte dal moldavo), quelle della perizia effettuata dal Centro di Medicina Legale di Chisinau per fare luce sulla causa di morte di Franco Bernardo, comasco di 62 anni trovato senza vita nella casa della compagna a Soroca, sempre in Moldavia, tra il 31 maggio e il primo giorno del mese di luglio del 2022.

Il comasco insomma, anche secondo i medici moldavi incaricati di una super perizia con 35 domande rigorose e nette cui rispondere, sarebbe stato ucciso e non, come riferito dalla compagna, soffocato “accidentalmente” dopo un tentativo di essere rianimato in seguito ad un malore.

La ricostruzione

La svolta clamorosa – ma auspicata dalla famiglia della vittima, che da Como sta seguendo passo passo la vicenda in Moldavia – arriva dopo che il processo era stato fermato con una prova di forza dell’avvocato che assiste i parenti di Franco. Il braccio di ferro era infatti insorto in modo vigoroso tra le parti, con la procura locale a ipotizzare un «omicidio per negligenza», in sostanza non voluto, da parte della compagna mentre cercava di farlo riprendere da un malore, e i parenti della vittima a dire il contrario, ovvero – in forza dell’autopsia che era stata effettuata in Italia – che Franco Bernardo era stato ucciso dopo essere stato soffocato con forza, forse addirittura da più persone.

L’avvocato moldavo Andrei Digore, con la collaborazione dall’Italia di Antonio Lamarucciola, era riuscito nei mesi scorsi a fermare il processo già avviato mettendo sul tavolo dei giudici proprio queste palesi incongruenze da risolvere tra quanto sostenuto dalla procura moldava e quanto, a loro dire, emergeva dalle carte dell’esame autoptico. Una tesi che aveva portato lo stesso tribunale di Soroca a chiedere la ripetizione dell’esame in quanto diventata «indispensabile» in seguito ai «dubbi sulla veridicità delle conclusioni tratte».

L’autopsia eseguita in Italia dal dottor Giovanni Scola era stata depositata anche in Moldavia, contraddicendo quello che stava emergendo in aula. Secondo il rapporto italiano, la vittima era morta per «asfissia meccanica causata da strangolamento, commesso mediante compressione prolungata delle vie respiratorie superiori». Non mancava, tra le ipotesi, che l’azione dell’assassino potesse essere stata aiutata anche da un complice presente sul luogo di quello che per la parte civile era ststo un omicidio.

Le risposte degli esperti

Il Tribunale aveva quindi deciso, per sciogliere tutti i dubbi, di effettuare una nuova maxi perizia con ben 35 domande rivolte al Centro di Medicina Legale di Chisinau. E l’esito della lunga relazione di oltre 40 pagine, già depositata nel fascicolo del processo, parla in modo netto di «morte per asfissia da strangolamento», per «compressione degli organi del collo» con una tale forza da provocare «fratture». Lesioni prodotte «una dopo l’altra in un breve intervallo di tempo», mediante un cappio oppure «un oggetto lungo contundente» ma senza segni di strangolamento con le mani. Elementi fondamentali per la difesa che ora si attende di capire come verranno valutati dai giudici alla ripresa del processo che vede come unica imputata la ex compagna conosciuta in un albergo di Como dove erano colleghi.

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