Professione che evolve: «Il notaio oggi è un creativo»

Intervista Giovannella Condò, lecchese, è al timone di uno studio con 30 professionisti. Oltre gli stereotipi: «Materie stimolanti, gran lavoro di team»

Uno studio notarile fondato 23 anni fa con una ragione sociale, “Milano Notai”, voluta per sganciarsi dal diffusissimo e molto meno identitario naming “&partners”. Giovannella Condò, notaia di origini lecchesi e figlia d’arte, racconta l’esperienza di un’attività che oggi, con sede a Milano in via Manzoni, conta 30 professionisti fra notai e avvocati specializzati nei diversi settori della professione, avviata con la sua socia, la notaia Monica De Paoli a cui quattro anni fa si è aggiunta una terza giovane socia, Stefania Anzelini. Per Condò la formazione delle nuove leve è stata fin dall’inizio un driver irrinunciabile per la crescita e il successo di Milano Notai, una passione coltivata fin a subito fino a costituire quello che ancora oggi è il nucleo forte dello studio, la base solida che consente di accedere a operazioni decisamente importanti. E si continua, con la trasmissione delle competenze ai giovani, e in particolare alle donne.

Com’è arrivata a fondare il network “La carica delle 101”?

L’esperienza coniuga due mie passioni: la formazione delle donne e in particolare delle giovani donne, in cui credo moltissimo, e l’attività di mentorship verso le startup. Ho così creato una community di super professioniste che mettono a disposizione pro bono le loro competenze a favore di startup già costituite e avviate, ma che vogliono crescere anche grazie al nostro supporto.

Lei è fra l’altro esperta del mondo delle startup innovative e delle pmi innovative. A che livello le segue?

Le seguiamo a partire dallo startup act, contribuendo a creare classi nuove nel settore. L’innovazione è sempre stata alla base della nostra crescita, anche per quanto riguarda la caratteristica di essere su base informatica, sin dalla nascita, con firma digitale anche grafometrica. Anche in tal senso la nostra formazione dei nostri collaboratori è costante.

Quanto tempo serve affinché un giovane diventi autonomo sia come collaboratore sia come notaio?

Per una formazione che dia autonomia professionale prima come collaboratore poi come notaio servono dai 5 ai 10 anni. Un lungo periodo, perché i settori sono diversi, con l’aggiunta della difficoltà di creare una sensibilità che derivi dallo studio, dalle caratteristiche personali e dall’esperienza. Tale sensibilità fa la differenza nell’affrontare le questioni giuridiche e nel gestire le operazioni.

In che modo ha costruito nel tempo, attraverso la formazione interna, le competenze di quello che sarebbe diventato il nucleo storico dello studio?

All’inizio della nostra professione eravamo due socie e nel tempo abbiamo riunito intorno a noi presone capaci, che ancora oggi costituiscono un gruppo iniziale che sono la colonna portante nei vari settori: real estate, per operazioni immobiliari sia retail sia più complesse come acquisti per fondi immobiliari e operazioni di finanziamento relative alle acquisizioni; abbiamo inoltre il settore societario in cui abbiamo una figura storica. Negli anni ci siamo affermati in modo significativo nel settore dell’energy e del banking, lavorando con diversi studi internazionali su operazioni di finanziamento anche strutturate e sulle acquisizioni di società che si occupano di energie rinnovabili.

Come si sono formate le figure più solide?

Molte di queste figure più solide si sono formate accanto a noi, lavoriamo moltissimo con i nostri collaboratori. Ci piace trasmettere loro la passione e ci piace anche che imparino dal nostro esempio. Riteniamo che stare accanto a noi non sia solo un passaggio di formazione tecnica. Oggi è estremamente importante anche tutto il bagaglio ulteriore: il modo di fare, di parlare, di trattare i clienti, di scrivere, di rispondere: tutto ciò costituisce il marchio di fabbrica del nostro studio, una fortissima attenzione alla modalità di porsi e rispondere alle esigenze del cliente. Nella formazione interna al primo posto c’è dunque il fatto di stare molto accanto a noi, ci dedichiamo molto ai collaboratori seguendoli singolarmente non solo sulla formazione tecnica ma anche nella capacità di dedicarci al cliente.

Le soft skill sono innate o si apprendono?

Sono innate in alcune persone, ma si possono anche apprendere. Riporto l’esempio della nostra giovane socia 35enne, Stefania Anzelini, una donna con determinazione, capacità e volontà straordinarie: lei si è applicata, seguendomi molto, anche nell’apprendere le soft skill.

Quella notarile è una professione che attrae i giovani?

Oggi un po’ meno rispetto al passato, anche perché accedere alla professione è certamente possibile ma è difficile in termini di forza di volontà, determinazione e sacrificio enormi.

È una professione che attrae di più i ragazzi o le ragazze?

Ora siamo su una misura di totale parità, anche se indubbiamente le ragazze hanno più determinazione, caparbietà e senso del sacrificio.

Oggi per avviare uno studio notarile c’è spazio di mercato come lo ha trovato lei 25 anni fa?

A mio avviso sì.

Anche se il mondo delle professioni si è parecchio complicato?

Sì, è complicato, ma non in anni recenti, noi siamo già nati con la professione in una sua fase assai complessa. Certo, oggi oltre alla capacità tecnica, che in uno studio come il nostro è assolutamente presupposta, serve una serie di altre capacità che vanno aggiunte. E questo non è un elemento legato al periodo storico ma alla tipologia di struttura. Quindi oltre alle capacità tecniche e giuridiche servono capacità finanziarie, di gestione del personale, di comunicazione adeguata, di organizzazione e una serie di soft skill. La complessità è legata alla struttura che si guida.

Qual è nella sua esperienza il bello della professione, che nel luogo comune è vista forse come poco creativa?

È assolutamente un luogo comune, basta guardare Milano Notai. È bellissima la possibilità di intervenire in operazioni strutturate, che vengono sempre gestite a più mani fra avvocato, fiscalista e notaio. La creatività è già presente nella soluzione del problema legato alla singola operazione. Inoltre, la creatività può essere esercitata anche nella gestione dello studio, cosa che noi facciamo moltissimo, a partire dall’attività di formazione interna e verso l’esterno: tutta la nostra comunicazione è di contenuto, volta a creare stimoli nelle nostre materie. Se gestita in modo appassionato e interessato la nostra è una professione stimolante.

Lei sottolinea a più riprese la necessaria passione per la professione. Quanta gliene ha trasmesso suo padre Gianfranco Condò, conosciutissimo notaio lecchese?

Senz’altro con mio padre c’è stato un passaggio di passione, di competenze, di amore per la professione e di valori importantissimi con i quali oggi gestiamo lo studio.

Abbraccio i valori di papà e dei notai della sua generazione, pur coniugandola in modo totalmente diverso, più moderno e innovativo anche perché ho una grandissima attenzione all’innovazione viste le materie che tratto.

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