Profughi afghani a Como: famiglie con bambini accolte a Rebbio

Accoglienza Rimarranno in via Giussani per un anno. La fuga dal regime talebano nel 2021, poi il Pakistan

Trascinano dietro di sé valige da venti e più chili, lungo la banchina della stazione unica di Camerlata, e tengono per mano bambini così piccoli che, probabilmente, dopo tre anni di fuga, dell’Afghanistan, dove sono nati, non ricordano molto.

La fuga dall’Afghanistan nel 2021

L’arrivo a Como di quattro famiglie di profughi afghani era previsto ieri alle 15.30, circa, ma un ritardo dei treni tra Milano e Como ha portato a un ritardo di circa un’ora. Questione di poco conto per chi, come queste persone, non riposa da tre giorni. Settantadue ore necessarie a coprire la distanza tra Islamabad, in Pakistan (erano fuggiti qui dopo il ritorno dei talebani in Afghanistan, nel 2021), e Como. Ma la loro corsa a ostacoli, nella speranza di arrivare alla meta di un luogo pacifico, dove crescere i figli piccoli senza temere il violento regime talebano, è durata ben tre anni.

Quattro famiglie, tre con genitori trentenni e bambini piccoli (sono cinque in totale e hanno tra i tre e sette anni) e una composta da due sorelle, di 30 e 40 anni, e un fratello di 27 saranno ospitate nei prossimi mesi nell’immobile “Casa di Rebbio”, gestito in parte dalla parrocchia di don Giusto della Valle e in parte dalla cooperativa Simploké.

In totale quattordici persone, arrivate fino a Como grazie ai corridoi umanitari promossi da Conferenza episcopale italiana, tramite Caritas italiana, Comunità Sant’Egidido, Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, Tavola Valdese, Arci e d’intesa con i ministeri dell’Interno e degli Esteri. La storia della fuga di queste famiglie dall’Afghanistan va ricostruita a ritroso, tornando all’estate del 2021, alla ritirata delle truppe americane e Nato dal Paese e al ritorno del dominio talebano, dopo vent’anni di presenza occidentale. Un ritorno al passato, alla limitazione dei diritti delle donne afghane, come quelle arrivate ieri qui a Como, all’istruzione e al lavoro come del diritto di tutti alla libertà e al movimento. Privazioni che hanno spinto tanti afghani a fuggire in altri Paesi, in cerca di miglior fortuna.

L’arrivo a Como

Ad accoglierli, alla stazione di Camerlata ci sono quattro volontarie della parrocchia di Rebbio, con don Giusto Della Valle, una mediatrice culturale e un medico. Il volo che li ha portati in Italia partiva dal Pakistan e non dall’Afghanista, dove hanno vissuto per tre anni in condizioni molto precarie e nella paura di essere costretti a fare ritorno in Afghanistan. Dopo lunghe peripezie, ieri sono arrivati a Como così stanchi che una bimba, dopo essere inciampata più volte nei suoi stessi piedi, si è fatta prendere in braccio da una volontaria, mentre mamma e papà trascinavano i bagagli. Sarà anche per questo che ieri, quando le quattro famiglie sono entrate nell’appartamento che condivideranno da qui ai prossimi mesi - a Como resteranno un anno circa - si sono sciolte in un commosso applauso. E mentre i più piccoli si sono dedicati a pennarelli e giochi, le camere dell’appartamento sono state smistate tra nuclei famigliari. Nonostante alcuni di loro parlino un ottimo inglese, sarà l’italiano la lingua su cui si inizierà subito a lavorare, grazie al contributo dei volontari di don Giusto, per pensare più avanti a percorsi di inserimento sociale e lavorativo che possano aiutarli a rifarsi una vita. I corridoi umanitari come quello in cui le quattro famiglie sono state inserite non prevedono sostegno economico da parte dello Stato e quindi, per un anno circa, saranno la parrocchia e le eventuali donazioni dei cittadini a contribuire al loro sostegno.

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