«Promesse del calcio? No, clandestini». A processo l’ex giocatore lariano Gobbo

L’inchiesta Ex azzurro accusato con altre tre persone di favoreggiamento dell’immigrazione. Allena una squadra nigeriana legata allo Spezia. Lui nei guai, i vertici “graziati” dalla Procura

Da dieci anni Renzo Gobbo, ex centrocampista nel Como dei primi anni Ottanta, quelli di Matteoli e Todesco, è l’allenatore di una scuola calcio nigeriana. Dà la caccia a giovani talenti del pallone del futuro. Ma la sua avventura si è trasformata in un incubo giudiziario, dopo che la Procura di La Spezia lo ha addirittura paragonato a una sorta di scafista e lo ha mandato a processo con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Con lui altri tre imputati. I “pesci piccoli”, per così dire, di quello che gli inquirenti della squadra mobile della città ligure hanno definito il “sistema Nigeria”. Che inizialmente ha coinvolto pure il patron dello Spezia calcio, il potentissimo Gabriele Volpi, e il suo manager Gianpiero Fiorani, lo stesso coinvolto nelle indagini sul crac Parmalat e lo scandalo Antonveneta, salvo poi finire entrambi archiviati su richiesta della stessa Procura.

L’inchiesta

Il cerino in mano è rimasto all’ex comasco Gobbo, a Luigi Micheli, all’epoca dei fatti segretario e poi amministratore dello Spezia, prima di diventare direttore generale del Brescia, a Claudio Vinazzani, responsabile del settore giovanile dello Spezia, e Roberto Sannino, tutore legale dei giocatori minorenni arrivati dalla Nigeria tra il 2014 e il 2018.

L’indagine, sfociata in un processo che stenta a decollare - l’ultima udienza, la scorsa settimana, è stata rinviata perché uno dei giudici è in maternità - nasce in realtà sull’onda di una diversa vicenda (poi sfociata in nulla): un presunto giro di doping nel mondo del calcio. Le intercettazioni telefoniche, finiscono però per portare a galla l’interesse dello Spezia per i giovanissimi della scuola calcio Football College Abuja, in Nigeria, realtà riconducibile al “gruppo Volpi” e di cui Gobbo è - tuttora - allenatore.

Giovani promesse

Gli investigatori sostengono che da La Spezia, negli anni tra il 2014 e il 2018, partivano inviti per partecipare a eventi sportivi, come il torneo di Viareggio, a minorenni nigeriani, per i quali si ottenevano visti d’ingresso con la promessa di assicurare il rientro al paese di origine. I minori arrivavano in Italia con il loro accompagnatore, Renzo Gobbo, e qui venivano poi affidati a nuovi tutori nominati dal Tribunale di Genova. Secondo l’ipotesi investigativa una volta in Italia i ragazzi non ripartivano più, ma venivano inseriti nel settore giovanile dello Spezia e di altre squadre per consentire alla società di Volpi di tesserare poi i giovani talenti (quali ad esempio il centrocampista Theophilus Awua, oggi legato alla primavera dell’Atalanta) come professionisti, appena maggiorenni, e guadagnare con le plusvalenze. Stando agli investigatori della mobile con questo sistema lo Spezia avrebbe guadagnato qualcosa come sei milioni di euro. Tutte le realtà coinvolte nell’indagine sono legate al Gruppo Volpi: lo Spezia Calcio, il Football College Abuja e la Orlean Invest Africa Ltd, la società petrolifera di proprietà di Volpi e amministrata da Fiorani che garantisce lo stipendio all’ex azzurro Gobbo.

Quest’ultimo, come detto, si è ritrovato con il cerino in mano di un’accusa pesantissima, mentre i suoi capi sono stati di fatto prosciolti dalla stessa Procura perché a loro carico non sarebbe provata la consapevolezza del presunto giro illecito. In realtà i magistrati scrivo, riguardo a Volpi: «Nelle intercettazioni si parla di lui quale destinatario finale delle informazioni su tutto quel che riguardava lo Spezia», eppure a suo carico «non sono stati acquisiti elementi di prova diretti relativi alla sua partecipazione e ideazione». Il processo è iniziato ma, come detto, procede a rilento. E quando riprenderà tra non meno di quattro o cinque mesi saranno già passati sei anni dagli ultimi presunti reati.

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