Cronaca / Como città
Domenica 27 Novembre 2022
Pronto soccorso al collasso: ora basta.
«Sempre meno personale e sempre più pazienti»
Lo scandalo Personale scarso, pochi posti letto, ore di attesa al Sant’Anna e pazienti costretti per giorni nei corridoi. Il direttore sanitario dell’ospedale: «La situazione peggiorerà ancora, ecco perché serve un intervento da Roma»
Il Pronto soccorso del Sant’Anna è ancora in crisi, per la direzione sanitaria dell’ospedale la colpa è la carenza dei medici: «Serve un intervento del governo».
Venerdì è stata un’altra giornata difficile nel reparto di emergenza urgenza di San Fermo. Molti pazienti con problemi di salute anche seri hanno atteso una decina di ore se non l’intera notte nei corridoi, ma anche direttamente sulle ambulanze quando perfino le barelle a disposizione erano esaurite. Le segnalazioni e le testimonianze dei cittadini negli ultimi mesi sono diventate sempre più frequenti e circostanziate.
Il grave disservizio però non viene mai risolto. Medici e primari da anni si lamentano per la mancanza di posti letto, per numeri il Comasco è sotto agli standard nazionali. Eppure le cose non cambiano. Il Pronto soccorso è un imbuto nel quale si riversano i bisogni di cura di larga parte della popolazione che non trova risposta altrove. La medicina di base non fa da filtro nel fine settimana e la sera, chi sta male non ha alternative. A settembre la Regione ha approvato un piano in vigore dal corrente mese per garantire tempi ed efficienza nei Pronto soccorso. Non più di otto ore di coda e spazi per dimettere e trasferire i malati, anche nel week end. Ma sono obiettivi difficili da raggiungere.
Bilancia sproporzionata
«La situazione peggiora da vent’anni e presto diventerà ancora più critica – dice Matteo Soccio, direttore sanitario dell’Asst Lariana che andrà in pensione a dicembre –. La bilancia è sproporzionata. Medici e infermieri sono sempre meno, mentre i pazienti che bussano alle porte degli ospedali sono sempre di più. La carenza di posti letto deve guardare anche ai professionisti che assistono i malati allettati, personale che fatichiamo a reperire. Il Sant’Anna è il più grande hub del Comasco e con difficoltà regge il peso del fabbisogno di tutta la provincia».
Soltanto le briciole
Le difficoltà però sono note, mancano le contromisure da mettere in campo. «Bisogna prendere atto dello stato delle cose e governare il problema tutti insieme – dice Soccio –. Confido nell’attività dell’esecutivo, serve un intervento del legislatore per assolvere in maniera impellente alla carenza di personale. Ci vorrà poi tempo per invogliare le nuove generazioni ad entrare nel campo della medicina. Superati anni di costante attacco, presi di mira dalla pandemia». Al Sant’Anna gli specialisti coprono turni in Pronto soccorso, altri ospedali in Lombardia hanno aperto ai medici a gettone, alla libera professione. «Non basta e non va bene – riprende il direttore sanitario – a questa carenza deve dare una risposta il governo, è un tema nazionale. Noi siamo dipendenti pubblici e possiamo lavorare al meglio con le forze che abbiamo. E non ci tiriamo indietro».
«È vero che c’è carenza di specialisti e sanitari in ospedale – dice Giuseppe Carrano, segretario della Cgil medici di Como – ancor più in Pronto soccorso, in Lombardia e non solo. Al Sant’Anna con grande sforzo abbiamo deciso di non esternalizzare il reparto di emergenza urgenza, facendo ricorso alle cooperative, ai medici a gettone o alla libera professione. Copriamo i turni anche con i medici interni». Anche fuori dalle porte dell’ospedale i pazienti però non trovano risposte. «L’ospedale per svolgere il suo ruolo ha bisogno del territorio – dice Carrano - stiamo costruendo le case di comunità, delle strutture intermedie che devono farsi carico dei malati affinché non si riversino in Pronto soccorso. Stiamo potenziando l’assistenza a domicilio». L’impressione è che le case di comunità siano rimaste solo sulla carta. «Ma non è vero – ribatte Carrano che nell’Asst Lariana è direttore delle Attività cliniche del territorio – in via Napoleona ci sono venti infermieri di famiglia e comunità che rispondono a determinati bisogni di cura. Non sono chiacchiere. Purtroppo nell’ultima finanziaria alla sanità sono andate solo le briciole».
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