Cronaca / Como città
Martedì 04 Febbraio 2025
Quattordici anni all’assassino di Yuri
La sentenza Aggressione mortale in Darsena, la rabbia della madre della vittima: «Non è stata fatta giustizia»
Quattordici anni di condanna per l’omicidio di Yuri Urizio, il cameriere di Como, residente in via Mentana, morto dopo ore di agonia in ospedale a causa dell’aggressione a Milano nella zona della Darsena. È questa la decisione della Corte d’Assise maturata con il rito abbreviato. Un rito, essendo l’omicidio stato iscritto come volontario ma senza aggravanti, che ha permesso di ridurre la pena di un terzo, scendendo dai 21 anni previsti ai 14 finali. L’accusa, al termine della propria requisitoria, aveva chiesto la stessa condanna. I giudici hanno anche disposto l’espulsione dall’Italia dell’imputato, Cubaa Bilel nel momento stesso in cui avrà terminato di scontare la pena. Disposta per la madre della vittima una provvisionale da 200mila euro.
Il dolore della madre
Si è conclusa così la vicenda penale nata dalla brutale aggressione del cameriere comasco, avvenuta a Milano nel settembre del 2023. Un fatto violento, con una morte giunta – come ha riassunto ieri il pm – per una «pressione a tenaglia» al collo prolungata per «sette minuti». Yuri non era morto subito. Era stato soccorso in Darsena e aveva lottato per due giorni in un letto d’ospedale del Policlinico prima di arrendersi quando era il 15 settembre 2023.
«La mamma di Yuri non è affatto soddisfatta di questa decisione – ha detto ieri l’avvocato Fabio Gualdi, che rappresenta la famiglia del ragazzo ucciso – Non è stata fatta giustizia, vista la gravità e la malvagità della condotta. Come parte civile ci siamo battuti perché venissero contestate delle aggravanti che avrebbero evitato questa pena. L’aggressione ancora oggi non ha un perché, e già questo secondo noi sarebbe stato sufficiente per i futili motivi».
Prima di arrivare alle conclusioni delle parti era stato reso noto anche l’esito della perizia sulla mente del tunisino che era stato ritenuto pienamente capace di intendere e di volere. La difesa aveva chiesto anche un supplemento medico sulle cause della morte del cameriere, istanza che non era però stata accolta. Secondo quanto riportato dal capo di imputazione, il tunisino aveva aggredito Yuri «a mani nude» prima «percuotendolo» e poi «stringendogli il collo per un tempo prolungato fino a determinarne il soffocamento».
Yuri, cresciuto in città, conosciuto e con molte amicizie tra il centro e i quartieri della periferia (i funerali erano stati ad Albate), era morto in seguito alle lesioni causate dall’aggressione, strangolato in piena notte al termine di una serata di divertimento. Un agente di polizia e alcuni passanti erano intervenuti levandolo dalle mani del tunisino, ma due giorni dopo il cuore aveva cessato di battere. Un omicidio in cui non è mai stato chiarito il movente, non avendo il tunisino saputo spiegarlo.
Movente mai chiarito
L’imputato aveva parlato di presunte molestie da parte di Yuri ad una ragazza ucraina che vendeva cioccolata in Darsena. Ma era stata la stessa giovane, sentita dalla polizia, a smentire questa favola: «Il ragazzo non è mai stato aggressivo, non mi ha mai messo le mani addosso... non ha fatto nessun gesto aggressivo o volgare».
Le indagini tra l’altro avevano permesso di ricostruire che la sera stessa il tunisino aveva avuto un diverbio anche in un altro bar, e che già due ore prima dei fatti – avvenuti intorno alle 4 della mattina – si era incrociato con Yuri: «Forse gli avrò chiesto una sigaretta», aveva detto l’arrestato. Le immagini delle telecamere avevano anche ripreso la fase finale dell’aggressione, con il tunisino già sopra il corpo del cameriere comasco in quell’abbraccio mortale.
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