Quelle società in odore di ’ndrangheta. Finte assunzioni per frodare l’Inps

L’inchiesta L’operazione di polizia su persone vicine ai clan: i trucchi per la disoccupazione. Gli accusati di metodo mafioso fabbricano documentazione inesistente e incassano soldi facili

«Cugino, dobbiamo riprendere tutta la situazione delle buste paghe perché non risultano i contributi, quelli vecchi risultano fino a dicembre del 2019 e quindi si deve fare tutto il 2020 e poi tutto il 2021 perché poi, se ci licenziano, possiamo fare la domanda di disoccupazione».

Tra il rumore di una pistola che viene “scarrellata” e un affare di droga, nelle maglie delle intercettazioni sui gruppi in odor di crimine organizzato arrestati nelle scorse settimane dalla polizia di Como, ogni tanto si parlava di finanza. O, meglio, di come farsi beffe dei sistemi finanziari e, ovviamente, dello Stato. Con alcune società amministrate di fatto - secondo l’accusa - da personaggi indagati per reati commessi con l’aggravante del metodo mafioso, che venivano utilizzate per far soldi facili, attraverso scorciatoie illegali. Tra i tanti trucchi contestati, anche quello delle finte assunzioni per frodare l’Inps.

I personaggi al centro di questi giri sono, stando alle carte dell’accusa, Marco Bono, 49 anni, originario di Rosarno, imparentato con la famiglia Pesce - dell’omonima cosca - e residente a Cadorago, insieme ai soci Giovanni Pirrottina e il figlio Giacomo, residenti a Ponsacco ma che ogni weekend tornano in Brianza.

Gli investigatori lo scrivono nero su bianco: «È stato ampiamente documentato il coinvolgimento di alcuni indagati in false assunzioni a danno Inps, allo scopo di appropriarsi indebitamente dell’indennità di disoccupazione».

«Ti pago, mi assumi»

Ad esempio, nel corso delle intercettazioni è emerso il ruolo della Forom srl, la stessa società accusata di aver tentato di frodare quasi 700mila euro con il fondo per le Pmi. Nel corso di una chiacchiera, ad esempio, vengono sintetizzati i costi da sostenere, per poter procedere alla finta assunzione: «300 euro per l’assunzione e 500 euro al mese, al momento del ritiro della busta paga». Poi un anno di disoccupazione pagata dallo Stato.

Un ruolo di rilevanza in questa dinamica, secondo i detective della squadra mobile di Como e dello Sco di Roma è stato svolto dalla società B.P. Group di Marco Bono. Le cui false assunzioni non servivano solo per poter poi accedere alla disoccupazione, ma anche «per documentare a società finanziarie l’impiego di risorse e indurle a concedere prestiti».

Un finto reddito per il mutuo

Lo spiega molto bene Giovanni Pirrottina viene intercettato mentre parla all’amico Mario: «Potremmo potrebbero procedere alla tua assunzione fittizia». In questo modo lui avrebbe la possibilità di documentare un impiego e così “gonfiare” la dichiarazione dei redditi e fingersi titolare di una seconda attività come “procacciatore” d’affari, attività in realtà mai esercitata, in modo da consentirgli di ottenere subito il finanziamento fino a 30mila euro.

Un vortice che dimostra come la criminalità organizzata stia sempre più puntando sul mondo economico e societario, infilandosi nelle pieghe delle normative per ottenere soldi facili producendo documenti falsi attraverso a ditte di fatto fantasma.

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