Rimozioni forzate illegali in città. Condannato a tre anni

La sentenza Pena definitiva con l’accusa di usurpazione di funzioni ed estorsione. I giudici: «Era pienamente consapevole dell’ingiustizia delle sue azioni»

Incassava soldi dagli automobilisti a cui rimuoveva illegalmente l’auto «nella piena consapevolezza della sua ingiustizia». La Corte di Cassazione mette la parola fine alla vicenda giudiziaria a carico di Luca Molteni, titolare della ditta di autosoccorso che per anni ha svolto attività di rimozione forzata per conto del Comune, e ha confermato la condanna a tre anni di carcere per estorsione in relazione a casi di usurpazione di prerogative pubbliche.

La vicenda

L’inchiesta risale a tre anni fa, quando gli agenti della polizia locale avevano messo sotto sequestro l’area accanto ai posti blu gestiti dalla Como Servizi Urbani in piazza Santa Teresa, a ridosso del ponte della ferrovia e dietro l’edicola. Spazio, avevano scoperto gli agenti, che da almeno sette anni - non propriamente pochi giorni - era utilizzato come area di sosta abusiva con tanto di tariffario e abbonamenti mensili per gli automobilisti.

Nell’indagare su quel giro illecito di denaro si era scoperto che quel parcheggiatore abusivo aveva a libro paga l’imprenditore che, per conto dell’amministrazione comunale, gestiva l’appalto di rimozione forzata in città. E che, da un lato interveniva su richiesta della polizia locale a rimuovere i veicoli in divieto di sosta, dall’altro rispondeva alle sollecitazione del parcheggiatore abusivo rimuovendo, in questo caso illegalmente, le auto lasciate sulla “sua” area. In caso di rimozione lo sventurato automobilista doveva sborsare tra i 150 e i 200 euro per vedersi riconsegnare la vettura. Da qui l’accusa di estorsione, relativa - appunto - alla contestazione di usurpazione di funzioni pubbliche.

In udienza preliminare a Como, Molteni venne condannato a 4 anni e 2 mesi. Il giudice, nella sentenza, scrisse che ci trovavamo di fronte alla «clamorosa creazione di un ordinamento parallelo a quello comune ma del tutto privo di regole, nel quale il solo dato significativo era rappresentato dall’indole predatoria dell’imputato, capace di dar vita a una forma di vera e propria polizia privata della sosta veicolare nella città di Como.

Ricorsi e sentenze

In appello i giudici hanno confermato tutte le accuse, ma avevano accolto parzialmente il ricorso dei difensori di Molteni (Giuseppe Sassi e Walter Gatti) concedendo così uno sconto di pena a tre anni. Ora la Cassazione ha chiuso definitivamente il caso rigettando non soltanto il ricorso dei legali dell’imputato, ma anche condannando lo stesso Molteni a pagare le spese legali sostenute dal Comune di Como, che si è costituito parte civile nel processo.

Secondo i giudici romani Molteni aveva la piena «consapevolezza e volontà di esercitare la funzione pubblica sapendo di non essere autorizzato». I difensori hanno già presentato richiesta di affidamento in prova ai servizi sociali, per evitare l’arresto.

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