Rsa, nel capoluogo 300 in lista d’attesa. Ma i letti liberi sono soltanto tre

Salute Rispetto a prima del Covid l’offerta non è aumentata, ma sono cresciute le richieste - In città si spende di più: aumenti fino al 15%. Tariffa minima attuale pari a 65,5 euro al giorno

Como

Rsa, in città ci sono solo tre letti liberi e 300 domande in lista d’attesa. Rispetto a prima della pandemia l’offerta non è aumentata, al contrario le famiglie in coda sono cresciute di quasi un quarto. Quanto alle rette nel capoluogo si sono registrati aumenti fino al 15%.

I comaschi faticano a trovare una sistemazione all’interno delle case di riposo per i loro cari in condizioni di salute complicate. Stando ai dati appena pubblicati dall’Ats Insubria e riferiti allo scorso mese sono 300 le domande in lista d’attesa nella sola città a fronte di tre posti temporaneamente liberi. È vero che secondo le Rsa circa due terzi delle richieste inevase sono in realtà doppie se non triple, perché le famiglie tendono a bussare a più di una porta nella speranza di ottenere subito il servizio. I numeri però restano significativi, in netta crescita rispetto alla stessa fotografia scattata durante la primavera del 2019, dunque prima del Covid.

All’epoca la lista d’attesa in città si fermava a 245 domande. Occorre inoltre sottolineare che i posti letto a contratto (quindi quelli con una quota pagata dalla Regione) rispetto alla primavera del 2019 sono di poco diminuiti, da 673 siamo scesi a 670. Inutile notare che nel frattempo la popolazione sta invecchiando ed ha bisogni di cura sempre più complessi e difficilmente gestibili a casa. I dati del capoluogo rispecchiano quelli di tutta la provincia: sono 69 i posti oggi liberi con 4.526 domande in lista d’attesa (significa tolte le richieste doppie e triple circa 1.500 famiglie coinvolte). Siamo vicini alla completa saturazione. I letti non aumentano, se non quelli in completa solvenza.

Capitolo rette a carico delle famiglie. In città la tariffa giornaliera minima chiesta nel 2019 era pari a 57 euro (alle Giuseppine) e ora invece è pari a 65,5 euro (al don Guanella). Significa il 15% in più. Quanto alla tariffa massima, cresciuta del 2,5%, è passata da 119 a 122 euro (sempre a Le Camelie). Se si guarda la media di tutte le case di riposo attive l’aumento è di poco superiore al 7%. Anche a inizio anno, nonostante il blocco alle rette chiesto dalla Regione in cambio di maggiori finanziamenti, le tariffe sono state ritoccate. Per esempio al don Guanella, un aumento compreso tra uno e i due euro al giorno.

«Sicuramente le liste d’attesa si sono allungate - spiega Marisa Bianchi, direttrice generale della Ca’ d’Industria – anche se è pur vero che c’è una maggiore rotazione. Per ragioni di età e di criticità come pure per ragioni economiche». Gli ospiti sono sempre più anziani e con una salute più precaria. Le famiglie invece optano per il trasferimento non appena si libera un letto a tariffe più ridotte, meglio se più vicino a casa.

«Ma è un fatto che la domanda è tornata a crescere – dice ancora Bianchi – a fine dicembre noi avevamo in lista 120 richieste, mentre nello stesso periodo del 2019 ne avevamo circa 90». «I problemi sono diversi - commenta Patrizio Tambini presidente delle Giuseppine - finita la pandemia sono aumentati molto costi soprattutto per le risorse umane quasi introvabili. I finanziamenti dati dalla Regione sono minimi, mentre le famiglie faticano perché le pensioni non bastano a coprire le rette».

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