Salute, nove Case di comunità e neppure un medico

Il paradosso Nel Comasco a due anni dall’inaugurazione delle nuove realtà sanitarie nessun camice bianco al lavoro

I medici di base sono presenti nel 40% delle Case di comunità lombarde, ma a Como siamo ancora a zero. Gli infermieri, invece, sono al lavoro in tutti e nove i presidi fino ad ora attivati. L’Istituto di ricerca Mario Negri ha condotto uno studio sulle neonate case di comunità in tutta la Regione, 105 quelle esaminate rispetto alle 132 ad oggi aperte. L’obiettivo, stando all’ultima riforma regionale, è poter contare entro il 2026 su 195 case di comunità. Secondo l’istituto Negri la situazione è eterogenea, alcuni centri rispondono ai bisogni di cura dei pazienti, altri sono meno funzionanti. All’interno dei presidi più centrali, i cittadini dovrebbero trovare un medico giorno e notte, ma al momento i professionisti di medicina generale sono presenti solo nel 40% delle strutture. Non a Como, dove i camici bianchi non hanno mai voluto concentrare le energie a fianco degli specialisti ospedalieri che invece lavorano nel 90% delle case di comunità.

In media ciascun polo ha in forze nove infermieri, nel Comasco soprattutto al servizio del territorio. Tra il 60% e il 70% delle case di comunità ha macchinari per la diagnosi.

«Tra le sfide in essere – si legge nel report - già rilevate nella prima fase conclusa nel settembre 2023, si evidenziano la difficoltà di coinvolgere i medici di medicina generale, situazione comune anche in altre regioni, la necessità di superare il vecchio modello dei poliambulatori, il nodo dell’integrazione tra i diversi servizi e operatori e una modesta partecipazione dei Comuni. Tuttavia la situazione attuale è migliorata».

Venendo alla provincia di Como le case in funzione sono in via Napoleona, nei presidi di Cantù, Mariano Comense, Ponte Lambro, Olgiate Comasco, Lomazzo, Menaggio, mentre le case di comunità di Campione d’Italia e della Valle d’Intelvi sono due centri minori, detti spoke. È attesa l’apertura a Bellagio e Porlezza.

In tutte e nove le case di comunità è attivo un punto d’accesso, uno sportello per le prenotazioni, un ambulatorio per i prelievi. La guardia medica c’è ovunque tranne a Lomazzo, che non ha neppure lo sportello vaccini, presente invece negli altri presidi. Gli infermieri di comunità sono radicati in tutte le case, sebbene servirebbe assumerne di più.

Manca un servizio per la salute mentale a Campione d’Italia, in Valle d’Intelvi, a Ponte Lambro e a Mariano dove però c’è la neuropsichiatria infantile. Lo sportello per le cronicità aiuta i pazienti in sette case, non negli spoke, così succede anche per i consultori familiari. Gli specialisti fanno visite in tutte le case salvo che in Valle d’Intelvi, con però molte differenze. A Campione la presenza dei medici ospedalieri è ridotta, i macchinari per la diagnosi sono significativi a Menaggio, Olgiate, in città e a Cantù, meno altrove. Infine gli screening vengono effettuati a Como, Mariano, Cantù e Menaggio. La struttura più frequentata è quella del capoluogo dove è in fase d’avvio lo psicologo di base.

A proposito di unire le forze, nel Marianese e nel Canturino da quest’estate è partita una sperimentazione tra i medici di famiglia e la Geriatria dell’Asst Lariana per seguire meglio i pazienti più fragili.

Lo stesso progetto verrà esteso alla città quando aprirà anche a Como l’ospedale di comunità (già attivo a Cantù, Mariano e Menaggio).

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