Cronaca / Como città
Sabato 25 Gennaio 2025
«Sconti ai clienti a spese dello Stato». Sequestrati 2,3 milioni
L’inchiesta della Finanza False fatture e contanti in nero per evadere il fisco. Nei guai sei comaschi
Due anni e mezzo fa erano finiti agli arresti per una complessa e redditizia frode tributaria, dalla quale erano usciti patteggiando la pena. Ora gli ideatori di quella frode sono nuovamente finiti nei guai, con l’accusa di emissione di fatture false e di tutta una serie di reati fiscali che avrebbero consentito loro di nascondere al fisco svariati milioni di euro.
Il Gruppo della Guardia di finanza di Como ha eseguito una serie di sequestri in diverse zone d’Italia per una cifra complessiva di 2 milioni e 318mila euro.
L’indagine
L’inchiesta nasce dall’attività di due società cooperative milanesi, ma con sede in altrettante abitazioni di Luisago e Cadorago: la Polo di Servizi e la A&P società di pulizia e sanificazione. Queste due imprese, attive nel settore dei servizi di facchinaggio e logistica oltre a quello delle pulizie, erano risultate essere al centro di un sistema di frode finalizzato all’evasione fiscale nel campo dei costi della manodopera.
Ideatori, anche secondo i giudici (la sentenza a loro carico è diventata definitiva), di questo sistema sono Michale Rickardo Anderson, 58 anni, originario dello Sri Lanka ma residente a Grandate, e Daniela Zambù, 52 anni di Fenegrò. Entrambi si ritrovano nuovamente sotto inchiesta nel nuovo filone d’inchiesta, così come Luigi Vicini, comasco di 76 anni residente in centro città e amministratore unico delle due cooperative.
Se l’indagine che aveva portato al loro arresto e alle pene patteggiate (tra i i 3 anni e 8 mesi a i cinque anni di reclusione) riguardava le spese del costo del personale, con un giro di fatture false stimato in oltre 21 milioni di euro tra il 2015 e il 2022, il nuovo filone è connesso alla “sovrafatturazione” dei servizi di pulizia, facchinaggio, trasporto e logistica, garantiti dalle due società comasche a loro clienti compiacenti. Così facendo ci guadagnavano tutti: i clienti, ai quali gli amministratori di fatto delle due società comasche restituivano in contanti e in nero parte dei soldi versati a seguito del pagamento delle fatture, e gli stessi “imprenditori” legati alle due cooperative, che per abbattere i debiti fiscali emettevano fatture false a favore di società cartiere.
Quindi i clienti abbattevano il reddito da sottoporre a tassazione e riuscivano a disporre di un maggiore credito Iva, oltre che di ingenti somme di denaro contante e in nero, gli “imprenditori” si garantivano più agevolmente le commesse e facevano pesare sulle casse dello Stato le restituzioni illecite di denaro.
I contanti
Nel corso dell’indagine i finanzieri del Gruppo Como hanno trovato notevoli quantità di denaro contante nascosto in borse, oltre che agende e dispositivi informatici contenenti tutte le annotazioni delle restituzioni di denaro contante. L’ammontare di queste ultime è stato quantificato dagli investigatori in oltre 3,5 milioni di euro (su circa 17 milioni di euro di prestazioni fatturate).
La Procura di Como ha quindi chiesto, e ottenuto, il sequestro preventivo di conti correnti aziendali e dei beni intestati agli indagati, compresi immobili, beni mobili, quote sociali e somme di denaro, pari all’imposta evasa di 2.318.000 euro.
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