L’ultima sfida per i professori: ora il compito si copia con l’intelligenza artificiale

Scuola Ce la stanno mettendo tutta i docenti delle scuole superiori per correre ai ripari davanti al dilagare dell’intelligenza artificiale a cui spesso i ragazzi si rivolgono per farle svolgere i compiti al posto loro

Como

Più esercizi in classe e meno a casa, compiti personalizzati, mappe scritte a mano e forme di controllo antiplagio. Ce la stanno mettendo tutta i docenti delle scuole superiori per correre ai ripari davanti al dilagare dell’intelligenza artificiale a cui spesso i ragazzi si rivolgono per farle svolgere i compiti al posto loro.

Una sfida assai ardua, a dire il vero, incentrata soprattutto sul dialogo con gli studenti, per far comprendere loro che l’Ai può essere una risorsa in ambito didattico ma, se usata impropriamente, va a scapito di tutti.

Non più il tradizionale copia incolla – che esiste da ben prima dell’Ai – ma espedienti per inserire, tra una frase artificiale e l’altra, anche qualche errore o concetti non particolarmente elaborati, in modo da risultare credibili. Insomma, chi fino al giorno prima aveva 5 in latino, non si presenterà certo con una versione impeccabile.

«Il fatto che si aiutino con strumenti per fare compiti precede l’intelligenza artificiale, i ragazzi hanno ampia strumentazione che possono usare, a cominciare dalle versioni tradotte sui siti – ammette Domitilla Leali, prof di lettere al Volta - Alcune piattaforme scolastiche hanno la verifica antiplagio e quindi si capisce se ci sono passi citati da altre parti. Io credo che il modo migliore sia quello di introdurre l’Ai nell’attività didattica, fare in modo che i ragazzi la colgano come opportunità e non strategia per sottrarsi ai loro doveri. Io li faccio scrivere tanto con traduzione, sintesi, analisi trasformando quello in classe in un momento di laboratorio, dove non possono ricorrere all’Ai. Se sospetto che qualcuno produce un testo con Ai, è utile parlarne. Ci sono comunque tanti vantaggi per aiutarli a studiare meglio». La piattaforma Classroom di Google Workspace permette di creare gruppi e su questa si assegnano compiti, materiali da leggere, esercizi: c’è però anche l’opzione verifica e antiplagio che, filtrando il testo, riconosce le eventuali citazioni prese dalla rete. Certo, basta cambiare qualche passaggio e il gioco è fatto.

«Ormai non si nascondono nemmeno più nell’usarla – ammette Elsa Correnti, docente di tedesco al Caio Plinio -Ci sono anche dei trucchi per tenere il linguaggio più basso, adeguare il registro linguistico al loro livello evitando parole che non userebbero. Impossibile lasciargli lavori a casa, tanto li fanno così. Preferisco preparare io esercizi, frasi specifiche che devono fare. Non accetto mappe fatte al pc, ma a penna. Un problema per la loro formazione, anche perché Ai è facilissima da usare; da qui a vent’anni rischiamo di perdere capacità di scrittura, di riassumere, di selezionare informazioni e così via».

«A casa direi che tutti la usano, anche se alcuni più di altri – spiega Rossana Purcaro, prof di inglese del Giovio – però può anche essere un elemento positivo per lo studio. Io dico sempre loro di ricordare che se a casa lavorano solo con quella, poi quando sono in classe o si ritrovano all’esame del First, non hanno aiuti».

«Non ho percepito un uso scorretto, ma dipende anche dai compiti – chiarisce Ulderico Pietrantonio, docente di latino - Ci sono momenti in cui l’abbiamo usata in modo efficace, ad esempio per i limiti dell’Ai sul linguaggio letterario. La sfruttiamo spesso anche nei podcast o booktrailer, uso che a me piace e che può avere buoni risvolti. Conosco la loro scrittura, me ne accorgerei se la usassero in maniera impropria».

© RIPRODUZIONE RISERVATA