Scuole, tra otto anni 150 classi in meno. Sotto i 16mila studenti

Crisi delle nascite Pochi neonati, le aule si svuoteranno. Alle superiori dal 2030 perderemo un terzo degli alunni. «Così sono a rischio continuità educativa e servizi»

Como

Sempre meno nati, nel prossimo futuro la popolazione scolastica è destinata a diminuire più del 30%. In termini numerici è come se, dopo il 2030, dovessero sparire sia il Setificio che lo Jean Monnet.

L’Istat ha certificato per il 2024 un nuovo record negativo di nascite, elaborando questi l’amministrazione provinciale calcola che la potenziale popolazione che oggi frequenta il primo anno di asilo nido somma 3.807 bambini, mentre le classi delle prime superiori riuniscono 5.915 studenti. La flessione attesa è pari quindi al 35%. Un confronto simile tra gli adolescenti che frequentano le scuole secondarie di secondo grado e la fascia della prima infanzia in età pre scolare, porta la diminuzione al 30%.

Nei 17 principali istituti superiori comaschi ci sono 19.139 alunni, un bacino che 850 classi, con una media di 22,5 studenti. Le proiezioni per l’anno scolastico 2032-2033, quindi tra otto anni, immaginano una utenza pari a 15.757 iscritti, pari 700 classi, 150 in meno rispetto ad adesso. Oggi le due scuole superiori con la maggiore utenza sono lo Jean Monnet e il Setificio, due istituti che sommati contano più di 3300 studenti, divisi proprio in quelle 150 sezioni ipotetiche che un domani non lontano andremo a perdere.

Se guardiamo ad un arco di tempo più ampio, le proiezioni statistiche immaginano una diminuzione della popolazione scolastica ancora maggiore. E del resto l’ultimo anno nel Comasco sono stati 3.719 i neonati, mai così pochi nel nuovo millennio: in quindici anni abbiamo perso il 37% delle nascite. Il tasso di fecondità a Como è sceso a 1,18 figli, nel 2009 in provincia era pari a 1,52. Prima della crisi economica sul Lario nascevano quasi 6mila bambini all’anno.

Si tratta di un fenomeno che avrà un impatto rilevante sulla nostra società, in termini economici, sanitari, culturali. «Dipende certo tutto dalle scelte politiche - ragiona Roberto Peverelli, storico preside del Setificio appena andato in pensione – dal punto di vista occupazionale per le scuole è difficile immaginare un drastico ridimensionamento del personale, una decisione simile avrebbe forti ripercussioni sindacali. È più facile ipotizzare una contrazione lenta, per gradi, con un minor numero di ingressi, uno stop alle assunzioni e alle sostituzioni dei colleghi anziani. In parallelo si potranno formare classi meno numerose. Oggi la media per classe è ancora molto alta, fino a 27 alunni per aula nelle nostre superiori. Le cattedre si potrebbero salvaguardare scendendo verso i venti alunni per classe». Ma non è solo una questione di lavoro.

«In città si discute dei tanti plessi da razionalizzare – dice Peverelli – il contenimento dei costi è un argomento ragionevole, come lo è cercare di favorire continuità educativa e servizi, presidi culturali, anche per pensare al futuro dei tanti edifici pubblici svuotati. Le scuole infatti sono riferimenti vitali molto importanti per i quartieri periferici e i paesi isolati».

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