Sei scuole verranno chiuse a Como, l’analisi di Magatti: «Scelta miope, bisogna investire sul futuro»

L’intervista Il docente di sociologia della Cattolica interviene sulla decisione del Comune: «Non basta pensare da ragioniere e fare solo tagli, le scuole sono un investimento non una perdita»

Chiudere le scuole è una scelta solo apparentemente vantaggiosa per il Comune secondo l’analisi di Mauro Magatti, sociologo e docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. La decisione presa dalla giunta comunale di chiudere altri sei istituti scolastici da qui al 2026 (tre già l’anno prossimo, ovvero gli asili di Prestino e Rebbio e il “Carluccio” di Borgovico, oltre alla primaria di via Perti; due nel 2026, ovvero la primaria “De Calboli” e l’asilo in via Salita Cappuccini), oltre alle due chiusure già annunciate, è stata presentata dal sindaco Alessandro Rapinese come una scelta inevitabile a fronte del calo demografico in città e degli alti costi dei lavori di manutenzione che gli edifici richiederebbero.

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Professore, è rimasto sorpreso dalla decisione del Comune?

È una decisione che segue quella relativa alla chiusura degli asili nido. Conferma che siamo di fronte a una giunta che non coglie l’importanza di questo tema per le nuove generazioni.

Come giudica questa posizione?

Se ne capisce il criterio economico, che è quello della razionalizzazione per poter risparmiare, ma io credo si tratti di uno sguardo miope, che ragiona solo sul futuro a breve termine, anzi solo sul presente.

Eppure sembra essere la risposta più razionale a un calo demografico effettivo. Non è così?

Tutto ciò che tocca la vita delle famiglie, e di quelle giovani in particolare, rischia di avere un impatto tremendo sul territorio nel medio termine. Ora si interviene con le chiusure, per ottenere un effetto economico positivo, ma alla lunga l’effetto economico e sociale rischia di essere tutt’altro che positivo.

Com’è possibile?

Ce lo dice il quadro storico in cui stiamo vivendo. Il documento da poco presentato da Mario Draghi sulla competitività europea invita a investire sulla creazione di condizioni più adatte alla ripresa della crescita demografica. Questo è un tema centrale e le scuole, in questo senso, sono un investimento, non una perdita.

Come cambia uno spazio urbano quando una scuola viene chiusa?

Se nei quartieri si eliminano le scuole, si tolgono realtà vitali per chi abita in quell’area e si va a influenzare le decisioni delle famiglie rispetto alla possibilità o meno di trasferircisi. Poile città risultano impoveritie dalla perdita di scuole, la stessa cosa ora accade con i negozi che a Como sono sempre più rari. Questo porta maggiore degrado nei quartieri, rendendoli meno vivibili.

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Suggerisce quindi di investire sulle scuole anche a costo di perderci?

Il conto del ragioniere che vuole risparmiare senza tenere conto della cornice storica in cui stiamo vivendo non funziona. Rischia solamente di innescare un circolo vizioso e aggravare il problema demografico che già a Como esiste.

Un politico quindi dovrebbe ragionare diversamente?

Questo tipo di ragionamento si concentra solo sul presente ed è un modo di pensare e agire che ha già portato grossi problemi a Como e in Italia in generale. La politica deve mettere la società nella condizione di poter affrontare in modo positivo i cambiamenti. Ripeto, lo dice anche Draghi: bisogna investire sul futuro, non si può solo tagliare e quando lo si fa bisogna farlo avendo bene in mente gli effetti che si otterranno.

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