Sempre meno medici a Rebbio: a rischio
l’ultimo ambulatorio

Salute L’unico dottore rischia di doversi trasferire. Già 1.500 assistiti si sono rivolti a studi del centro. Da inizio anno 24 i professionisti che hanno lasciato

Rebbio rischia di restare senza nemmeno un medico di base.

Dopo il pensionamento del dottor Severino Rossetti a marzo circa 1.500 pazienti hanno dovuto cercare un curante in centro città. I medici di Breccia sono al completo, nel quartiere è rimasto solo il dottor Paolo Iaria che però ora deve lasciare il suo studio di via Varesina. Il bando comunale conclusosi ormai a settembre dell’anno scorso che ha coinvolto la vicina farmacia ha riassegnato i locali ad una cooperativa.

«Cooperativa che adesso reclama giustamente i suoi spazi – dice il medico – io potrei spostarmi sopra, ma ci sono problemi con contatori e volture. Vicino non trovo un ambulatorio che rispetti tutti i canoni di legge. La carenza di strutture condiziona molto l’arrivo di nuovi medici. In centro c’è maggiore attrattività, qui nessuno vuole prendere servizio ed ora anche io sto meditando controvoglia di spostarmi».

La raccolta di firme

Il quartiere per richiamare nuovi medici ha raccolto senza esito in questi mesi oltre 400 firme. Tra Rebbio, Prestino e Breccia abitano quasi 13mila persone e trovare un medico nelle vicinanze è quasi impossibile. La speranza è che a fine luglio con il nuovo concorso arrivi qualche giovane medico in formazione. Purtroppo però la carenza di medici si fa sentire in molte zone meno ambite.

Da inizio anno nella nostra provincia sono stati aperti nove ambulatori medici temporanei, strutture dove i pazienti possono rivolgersi e trovano a turno altri medici al posto del loro titolare, vuoi perché è andato in pensione, vuoi perché si è trasferito. È una soluzione tampone in attesa di trovare dei nuovi medici sostituti, ma per le nomine bisogna attendere anche parecchi mesi. Così facendo gli enti sanitari possono comunque evitare di lasciare i pazienti senza alcun riferimento.

«Servono incentivi»

Questa strategia è ormai in uso in molti Comuni della provincia, da Maslianico a Canzo, da Fino Mornasco a Novedrate, da Albavilla a Tavernerio, mentre invece in città più appetibili per i professionisti come Milano non è mai stata attuata. Da tempo le federazioni dei medici e gli ordini professionali chiedono maggiori incentivi per i camici bianchi che prestano servizio nelle aree più periferiche, offrendo benefici economici e soluzioni per studi e ambulatori.

Del resto le cessazioni di medici contate all’albo dell’Asst Lariana nel 2024 sono state 24, pediatri compresi. Solo nel distretto di Como hanno appeso lo stetoscopio al chiodo in tredici, riuscendo comunque in centro a richiamare dei nuovi specializzandi. L’età media dei camici bianchi comaschi è elevata, la curva pensionistica secondo l’Ordine dei medici nel settore è destinata a riassestarsi solo dopo il 2027.

Ad oggi gli ambulatori senza medico nel Comasco sono 107 sui circa 300 che servirebbero per seguire tutta la popolazione residente con un corretto rapporto numerico, altrimenti sproporzionato. È vero che i camici bianchi non hanno mai voluto unire le forze all’interno delle case di comunità degli ospedali, tutt’ora ancora in parte da costruire.

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