Spacciatori di coca nei b&b come turisti. Tra i clienti politici, baristi, imprenditori

L’inchiesta La Guardia di finanza notifica l’avviso di chiusura delle indagini preliminare. Una trentina gli insospettabili che per due anni si riforniva di droga da un gruppo albanese

Erano almeno una trentina i clienti della banda di albanesi alla quale i finanzieri del Gruppo di Ponte Chiasso hanno notificato l’avviso di chiusura delle indagini preliminari con l’accusa di aver gestito un ingente spaccio di cocaina in città. Tra gli acquirenti della droga, tutti comaschi, moltissimi nomi insospettabili che - ora - potrebbero anche essere chiamati a testimoniare in caso di processo.

L’inchiesta

L’indagine della Guardia di finanza era scattata due anni fa, quando le fiamme gialle hanno notato del movimento sospetto nel parcheggio del supermercato in via Asiago: un uomo che passava qualcosa a un’altra persona per poi allontanarsi velocemente. Intervenuti per bloccare entrambi avevano identificato un giovane albanese, che era stato visto passare una bustina, e un ragazzo svizzero. Entrambi avevano della droga addosso: lo svizzero la dose appena acquistata. L’altro, Markeljan Toli, poco meno di 60 grammi di cocaina.Durante la perquisizione i finanzieri , avevano trovato le chiavi di un bed & breakfast di Como, in zona Villa Olmo, dove il giovane albanese aveva preso una stanza. All’interno erano stati trovati e sequestrati ben 17mila euro in contanti, sulla cui provenienza lo spacciatore non aveva ovviamente saputo fornire alcuna spiegazione plausibile.

Da quell’arresto era cominciata un’operazione, condotta dal Nucleo Mobile del Gruppo Ponte Chiasso, che ha preso il nome di “Lario delivery”. Erano stati scoperti - e arrestati - almeno altri tre presunti spacciatori che facevano la spola dai Balcani a Como con una certa regolarità, portando dietro ingenti quantitativi di cocaina.

A sorprendere gli investigatori è stata anche la modalità con cui la banda trasferiva i proventi della vendita della droga in Albania: periodicamente, infatti, lo “spallone” di turno del gruppo trasportava ingenti somme di denaro contante a bordo di autobus di linea diretti verso i Balcani. Tra i principali clienti figuravano imprenditori, professionisti e studenti comaschi, riforniti sia presso i luoghi di lavoro che le rispettive abitazioni. Nel lungo elenco di nominativi riportati negli atti dell’indagine compaiono infatti nomi di persone legate alla politica locale, all’imprenditoria, baristi o comunque esercenti, personale sanitario - pare ci fosse anche un medico tra gli acquirenti della cocaina - frontalieri e pure nomi noti della vita cittadina. Clamoroso il giro d’affari: soltanto riguardo ai clienti identificati si stimano affari di compravendita per oltre duecentomila euro. Alcuni clienti sono arrivati a spendere oltre 10mila euro per acquistare le dosi di cocaina.

La beffa dei soldi restituiti

L’inchiesta ora è chiusa e i presunti responsabili di questo giro di droga rischiano - qualora la Procura dovesse chiedere il rinvio a giudizio - di finire davanti a un giudice. E i clienti di venire chiamati come testimoni.

Altri hanno già patteggiato, come il giovane che pernottava in un b&b a Villa Olmo. Patteggiamento con tanto di beffa per le fiamme gialle, perché la Cassazione ha restituito i 17mila euro sequestrati allo spacciatore, e ha stabilito che «non sono confiscabili le somme che, in ipotesi, costituiscono il ricavato di precedenti diverse cessioni di droga e sono destinate ad ulteriori acquisti della medesima sostanza, non potendo le stesse qualificarsi né come “strumento”, nè quale “prodotto”, “profitto” o “prezzo” del reato».

© RIPRODUZIONE RISERVATA