«Stadio, fuori i conti... Guadagna il privato
e non la collettività?»

L’intervista Lorenzo Spallino, avvocato nonché ex assessore ed esperto di diritto amministrativo: «Se il Comune fosse un mio cliente, allo stato gli direi di non firmare»

«Se il Comune fosse un mio cliente, allo stato gli direi di non firmare». Ad affermarlo è l’avvocato Lorenzo Spallino, esperto in diritto amministrativo e già assessore comunale all’Urbanistica, parlando del progetto presentato dal Como 1907 per la riqualificazione completa dello stadio.

Partiamo dalla riqualificazione dello stadio nella sua collocazione attuale. Lei presentò la variante al Pgt con quell’indirizzo. Ne è ancora convinto?

Assolutamente sì. Dopo aver perso l’ospedale, la prima azienda di Como, sarebbe stato solo un suicidio espellere anche lo stadio, che meritava e merita una riqualificazione. La sfida era, e rimane, quella di collocare una struttura sportiva, non necessariamente monofunzionale, in un’area che non ha paragoni in Italia. Come diceva Eco, il fatto che il problema sia complesso non autorizza soluzioni semplicistiche, come l’espulsione.

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All’epoca si consentì l’inserimento di più funzioni per dare sostenibilità a un possibile intervento privato.

La collocazione a lago costituisce, come è evidente a chiunque, la ragione dell’attrattività dell’investimento. La variante del 2016 ipotizzava, anticipando buona parte della legislazione attuale, la possibilità del partenariato pubblico-privato, fissando al tempo stesso il perimetro dei contenuti convenzionali. I casi, infatti, sono due: o il Comune di Como ha i fondi per intervenire, oppure, se si vuole aprire ai privati, bisogna dare loro la possibilità di rientrare dall’investimento pur all’interno di una cornice dove l’interesse pubblico resta dominante. Le modalità della collaborazione pubblico-privato si sono molto sviluppate da allora e, curiosamente, ho avuto occasione di illustrarle proprio pochi giorni fa in un convegno dedicato alla riqualificazione delle piazze di Sondrio. Uno dei punti che ha riscosso maggiore attenzione è stato quello della negoziabilità, ossia della “restituzione” alla collettività di una quota del maggior valore di rendita acquisito. Il progetto di cui discutiamo restituisce alla collettività una parte del guadagno che il privato ottiene?

Che valutazione dà di quanto si è visto finora della proposta preliminare del Como 1907?

Di preliminare c’è poco, direi, dato che la proposta è in Conferenza dei servizi. Per deformazione professionale, non mi sento di dare un giudizio su anticipazioni prive di ufficialità. Trovo incomprensibile il silenzio dell’Ordine degli Architetti. Non mi stupisce la patente di riservatezza attribuita al progetto, priva di qualsiasi fondamento. E non mi sorprendo neppure dell’Ordine degli Ingegneri che oggi plaude ma nel 2016 censurò la scelta di prevedere destinazioni commerciali e ricettive, invocando la trasformazione del Sinigaglia in una «struttura sportiva per attività dilettantistica, amatoriale, culturale e di intrattenimento» e la realizzazione di un nuovo stadio «per il calcio agonistico» in altra località idonea. Non commento, invece, il ribaltamento della posizione di chi oggi governa la città e che allora tuonò in aula chiedendo, con la minoranza, di eliminare dal Pgt il paragrafo dedicato al Sinigaglia.

Nel piano c’è la pedonalizzazione dell’area circostante...

Non esiste che la riqualificazione di una struttura sportiva di proprietà pubblica così importante non si accompagni alla riqualificazione del comparto. La pedonalizzazione è prevista in un’ottica di medio respiro dallo stesso Pgt, sia pure nella modalità della Zona a traffico limitato, e non può non costituire uno dei tasselli della rigenerazione del comparto. Sappiamo bene che i posti auto esistenti sono in gran parte utilizzati da chi si reca in centro anche per lavoro: sta all’amministrazione trovare un’alternativa all’interno di una pianificazione generale della mobilità cittadina.

Durante il forum de “La Provincia” l’architetto Cosenza, suo dirigente all’epoca, ha sollevato il rischio di stop dell’iter per eccesso di funzioni complementari. Lei che opinione ha?

Ho letto quanto dichiarato dall’architetto Cosenza. Come sempre, sposo ogni singola parola. Se, come pare evidente, la riqualificazione dello stadio è subalterna all’inserimento delle funzioni commerciali e alberghiere, siamo decisamente al di fuori dei confini fissati dalla legislazione speciale per gli stadi e gli impianti sportivi. Di nuovo: dov’è il piano finanziario? Sono rimasto deluso che il consigliere Nessi in Commissione sia stato ammonito a non divulgare i contenuti della proposta da parte di chi riveste una funzione pubblica. Non solo non vi è alcun profilo di riservatezza, ma i principi dell’urbanistica contemporanea ci chiedono di rispondere alla domanda: sono state poste in essere iniziative partecipative attraverso le quali la città è stata posta in grado di influire concretamente sul segno e sulla motivazione delle decisioni? Nel caso dello stadio è evidente il disegno. Nessuna discussione e approdo in un’aula formata da consiglieri di maggioranza silenti. Quello che segue sarà pura ritualità e solo apparente rispetto delle forme.

Un altro tema emerso è quello delle altezze anche in relazione al contesto.

Non sono un architetto, ma non mi sembra che il tema delle altezze non sia uno di quelli sacrali. Valuterà la Soprintendenza, cui immagino si siano rivolti sin da subito. Condivido i dubbi dell’architetto Monti. La delicatezza dei luoghi impone altri approcci.

Chiudiamo con l’autosilo al “Pulesin”, vicino alla rotonda di Villa Olmo. Cosa ne pensa?

Non sono nemmeno un esperto di mobilità: andrebbe chiesto a loro. Da utente della strada mi chiedo come sia compatibile questa previsione con lo scenario di traffico cui assistiamo quotidianamente. Le strutture a parcheggio sono notoriamente attrattive di traffico: inserirle su un asse stradale come via Borgovico non mi pare una grande idea, se non nell’ottica del proponente.

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