Tangenziali, storia infinita: il primo cantiere 70 anni fa

La vicenda Il 22 febbraio 1955 furono inaugurati i lavori per collegare viale Roosevelt a piazza San Rocco

Le tangenziali di Como battono il cinque, modo di dire per esprimere approvazioni o congratulazioni: il 22 febbraio 1955 furono inaugurati i lavori per collegare viale Roosevelt con piazza San Rocco e cinque anni dopo fu realizzato il progetto per coprire il tratto da via Lucini a piazza San Rocchetto; poi passò un 1ustro e si profilò la congiunzione fra San Rocchetto e piazzale Santa Teresa. Da San Rocco a San Rocchetto, il torrente Cosia che attraversava la città a cielo aperto finì sotto copertura.

Ma già nel 1930 «lo sfruttamento della copertura del Cosia a vantaggio della viabilità cittadina» fu nei pensieri del podestà Luigi Negretti che nel 1933 emanò il bando di concorso «per uno studio di massima del piano regolatore della città di Como» e tra i punti che i candidati avrebbero dovuto tenere in considerazione, spiccava proprio la costruzione di una strada sul corso d’acqua.

La storia dice che il piano regolatore fu presentato nel 1935 ed adottato nel 1936, podestà Attilio Terragni, e poneva il “congestionamento” della città murata tra i problemi da affrontare.

Nei decenni successivi, il “congestionamento” fu pressoché totale, non solo in centro, ma in tutte le direttrici di Como ed avvenne che il 23 maggio del 2015 fu inaugurata la tangenziale sud, tre chilometri tra Villa Guardia e la località Acquanera di Albate: rimase lì, al 25% del progetto di tangenziale di Como, con il suo titolo di “tratto funzionale dell’autostrada pedemontana”, lastricata di carte, di promesse e di delusioni, ipotesi e controproposte, no al pedaggio e sì al pedaggio,appelli e conflittualità.

Ma forse bisognerà aspettare un altro anno con il cinque per capire, non si sa quale cifra di decennio davanti, come va a finire un progetto risalente al 1965, quando fu costituito il “comitato per la Pedemontana” che l’anno dopo trovò sede in Camera di Commercio e dovette aspettare fino al 1985 perché la costruzione di nuove autostrade venisse sbloccata.

La circonvallazione

Ma la rete portante di convalle, da San Martino a Santa Teresa, circonvallazione di via Milano, resta la “regina” cittadina, con le dediche ad Achille Grandi e all’unico Papa comasco, viale Innocenzo. Dapprima, fu coperto il Cosia e prese vita viale Giulio Cesare; poi toccò al “nodo cerniera” tra via Grandi, via Roosevelt e via Italia Libera ed era il 22 febbraio 1955 quando «il sindaco Paolo Piadeni ringrazia i dirigenti della Tintoria Comense che, con comprensivo spirito civico, hanno agevolato le formalità per la cessione del terreno sul quale è tracciata la nuova arteria di collegamento tra viale Roosevelt con San Rocco, dal costo di 180 milioni di lire. Sulla pergamena interrata nel cavo della prima pietra, sono state apposte le firme ». ( da “Cent’anni di cronaca dal nostro territorio, dall’Italia e dal mondo”, supplemento al quotidiano “la Provincia”, 1999, testi di Gerardo Monizza ed altri ).

Costerà 200 milioni di lire coprire il Cosia da via Lucini a San Rocchetto e «il grave e complesso problema della viabilità cittadina» troverà respiro con l’ultimo tratto fra il ponte presso la stazione di Como San Giovanni verso il lago.

«Furono abbattuti tre edifici a San Rocco per la tangenziale e la chiesa fu isolata. Ma non possiamo criticare le scelte di allora, coerenti con la cultura dei tempi», sostiene l’ingegnere ed architetto Tino Tajana, uomo di spicco nel mondo culturale. Ma nella sua esperienza di ingegnere capo del Comune di Como, ricorda i sopralluoghi che sono stati regolarmente effettuati per verificare lo stato della soletta e degli elementi portanti di viale Innocenzo e dell’attenzione prestata allo stato del Cosia che esala vapori corrosivi dei copriferri, porta sabbia o altro materiale allo sbocco nel lago.

La foce dragata

Nel 1999 la foce fu dragata, infatti, ed era lo stesso anno in cui furono costruite le fognature in viale Innocenzo; in seguito furono asfaltate le griglie: un intervento discusso, poiché servivano per le ispezioni. Come fece polverone la chiusura al traffico per rischio cedimenti, ma fu un falso allarme.

E chissà se va bene così, “lo stradone”, con i 30mila mezzi che ogni giorno lo percorrono e che sono pari al 40% di tutti gli spostamenti cittadini.

«Non è possibile trovare un’alternativa sulla quale deviare il traffico – riflette l’ingegner Tajana – Proporrei piantumazioni ai lati e nelle aree verdi rimaste, al Quarto Ponte o all’Enel, per esempio e in altri punti. Un abbellimento funzionale».

L’architetto Luigi Snozzi aveva proposto un “boulevard alla parigina”: magari sarà la svolta del prossimo secolo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA