«Tra 400 e 800 euro in più ai sanitari di frontiera questo è federalismo»

Intervista a Massimo Sertori, assessore regionale agli Enti locali Leghista, ha anche la delega ai rapporti con la Confederazione elvetica

L’incentivo per i sanitari che lavorano vicino alla frontiera «è l’inizio del federalismo fiscale». I salari in prossimità della dogana verranno aumentati anche in altri comparti. Così la pensa Massimo Sertori, assessore regionale agli Enti locali, delegato ai Rapporti con la Confederazione elvetica.

La bozza della legge finanziaria, in attesa del voto del Parlamento, contiene una misura chiesta spesso dai territori di frontiera: un bonus per incentivare i medici e gli infermieri a restare nei nostri ospedali e nei nostri ambulatori, senza “fuggire” in Svizzera dove guadagnano anche tre volte di più.

Assessore Sertori, questo “premio di frontiera” quanti sanitari coinvolge?

Circa 9.500 medici e infermieri ora al lavoro nelle province di Como, Varese e Sondrio.

E chi lavora in provincia di Lecco?

No. Il premio è previsto per un’area fino a venti chilometri dal confine.

Di che cifre parliamo?

Dai 400 ai 700 euro, massimo 800. La norma prevede che il calcolo esatto sia fatto dalle Regioni coinvolte. Quindi la Lombardia e il Piemonte, che però ha numeri risibili rispetto a noi.

Quali calcoli dovete fare?

Non bisogna superare un tetto massimo per evitare differenze troppo importanti rispetto ai lavoratori impiegati nelle altre province. Dovremo poi valutare dei meccanismi in base al reddito e i figli a carico, oltre a pesare la quota prevista per gli infermieri e quella per i medici. Ci sono tante scelte da fare e sul punto voglio subito dare un messaggio: decideremo insieme, coinvolgeremo le parti sociali, i sindacati e i rappresentanti dei frontalieri.

Come valuta questo premio?

Sondrio, la provincia più piccola, in un anno ha perso 70 medici e 100 infermieri e non riesce a rimpiazzarli. Se vogliamo salvare il sistema sanitario pubblico dobbiamo fare qualcosa. L’emorragia di camici bianchi altrimenti proseguirà, tanto che diversi reparti e servizi a breve saranno a rischio chiusura. Viviamo un momento che vede una carenza strutturale di sanitari, legate alla programmazione della formazione delle nuove leve. Qui però c’è la Svizzera che è economicamente attrattiva. Il combinato di questi due elementi porta le nostre tre province a soffrire una crisi dura. Peggiore rispetto a quanto registra Milano o le altre province lombarde.

Tanto pagano i frontalieri, fanno notare i più critici.

Facciamo chiarezza. I nuovi frontalieri non sono coinvolti, pagheranno le tasse in Italia per effetto dei nuovi accordi. I vecchi frontalieri invece fino agli anni ’90 pagavano il sistema sanitario svizzero, mentre per le cure in Italia dei familiari a carico pagavano 600mila lire all’anno. Poi le cose sono cambiate e si è creato un vuoto normativo che dobbiamo colmare. Il vecchio frontaliere infatti doveva decidere se assicurarsi in Svizzera, spendendo almeno 250 franchi al mese, o se invece preferiva appoggiarsi al nostro sistema sanitario, senza però pagare più niente. È così da più di vent’anni. Non è corretto nei confronti degli italiani e non è corretto nei confronti dei frontalieri che invece danno il loro contributo.

Quanti sono i vecchi frontalieri?

Circa 80mila sommando le tre province interessate.

Sono arrabbiati?

Ho tanti amici e conoscenti frontalieri e appena uscita la notizia mi hanno chiamato e scritto, i più molto scontenti. Le cose però non sono state spiegate troppo bene. C’è chi ha cercato di creare confusione. Chiarito il tema, invece, i commenti sono cambiati.

Che trattenuta è prevista?

I vecchi frontalieri dovranno pagare tra il 3% e il 6% della loro paga mensile. Anche questa scelta deve essere valutata dalla Regione. Il principio importante è che questo è un esempio di federalismo fiscale. Questo contributo non va a Roma, ma resta sui territori e viene usato per aumentare gli stipendi dei medici e degli infermieri. Professionisti che devono garantire alla nostra comunità il diritto alla salute, oggi in pericolo.

Non bastano i ristorni?

Non c’entrano niente, i ristorni sono le tasse che i frontalieri pagano in Svizzera e che per una percentuale tornano indietro ai Comuni e agli enti locali. Ma non comprendono la copertura sanitaria.

E per le altre professioni carenti?

Ai nostri territori mancano tanti lavoratori, non solo nella sanità. Un capitale umano che spesso si dirige in Svizzera. Adesso finalmente abbiamo uno strumento per appesantire anche altre buste paga. Un emendamento proposto dalla nostra maggioranza consente di usare il maggior gettito che deriverà dai nuovi frontalieri, sulla base dei recenti accordi. Un fondo nuovo, che parte da zero nel 2024. Ma è un tesoretto che aumenterà progressivamente. Con queste risorse costruiremo un’indennità di frontiera.

Un premio per insegnanti, operai e autisti di frontiera?

Stiamo pensando al comparto turistico. È un argomento cruciale che dovremo declinare con precisione. L’impostazione però c’è, il principio è passato. E penso sia un grande passo per un vero federalismo fiscale. Con strumenti di sostegno dei territori più in difficoltà. A garanzia di diritti fondamentali, a cominciare dal diritto alla salute.

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