Cronaca / Como città
Mercoledì 29 Gennaio 2025
Trasportava in auto stranieri clandestini. Condannato a 6 anni
Il processo Un cittadino kosovaro di 39 anni era accusato di avere organizzato viaggi verso la Svizzera
Il viaggio della speranza, per uomini e donne del Kosovo, aveva come primo punto di approdo la Slovenia, poi Trieste con il confine da superare. La rotta puntava poi su Milano in treno, per essere presi in consegna alla stazione e condotti a Como, per il secondo attraversamento di confine, quello con la Svizzera. Era questa la destinazione finale del viaggio, che poteva arrivare a costare anche 6 mila euro a persona.
La procura di Palermo, negli anni scorsi, aveva indagato su questi viaggi, ipotizzando anche l’esistenza di una associazione per delinquere finalizzata proprio al favorire l’immigrazione clandestina, presupponendo l’esistenza di un gruppo di connazionali – tutti del Kosovo – che questi viaggi li organizzava, li gestiva anche logisticamente, ospitando i clandestini in appartamenti privati, arrivando a coinvolgere anche alcuni italiani. Uno stralcio di questo ampio fascicolo ieri è arrivato anche in Tribunale a Como per processare Driton Rexhepi, kosovaro di 39 anni, formalmente residente a Delebio ma che avrebbe utilizzato Como per il transito dei connazionali verso la Svizzera. Secondo il capo d’accusa, avrebbe collaborato a questa associazione, senza esserne il capo ma con un ruolo comunque attivo nell’organizzazione di questi viaggi. Laccusa relativa all’associazione per delinquere è crollata. L’uomo è stato comunque condannato a 6 anni, perché ritenuto responsabile di due diversi viaggi di un totale di quattro connazionali verso il Canton Ticino, trasporti avvenuti a marzo e aprile del 2017. La stessa condanna era stata chiesta anche dall’accusa, che aveva sostenuto in aula come l’imputato fosse a conoscenza dei viaggi, organizzati in concorso con altri indagati poi giudicati separatamente. La difesa aveva invece cercato di sostenere «l’assenza di qualsiasi atto per favorire l’ingresso clandestino in Svizzera» dei kosovari, dicendo che si trattava soli di «persone di sua conoscenza, spesso parenti, che metteva solo in contatto» con persone che sapeva avrebbero potuto aiutarli.
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