Troppo turismo? La città si divide

Il dibattito Operatori e categorie dopo le parole del vescovo sui rischi di una cattiva gestione del fenomeno. Frangi: «Monocoltura che fa danni» - Casartelli: «Troppa enfasi sui problemi» - Maviglia: «Nessuna corsa all’oro»

È accolto con un generale favore dalle categorie e dagli operatori, come un invito a una riflessione profonda sul turismo e le sue storture, il messaggio del vescovo alla città in occasione di Sant’Abbondio.

Anche se la lettura molto critica data da monsignor Cantoni alle dinamiche innestate dal turismo non trova tutti d’accordo. «Il messaggio del vescovo deve servire da stimolo per migliorare, non a demonizzare. Quello che oggi chiamiamo overtourism è solo un aumento di presenze a cui non siamo abituati - dice Claudio Casartelli, presidente di Confesercenti - Certamente c’è una concentrazione su trasporti e navigazione, ma sul territorio si ripercuote poco, a parte alcune località».

Fenomeno da educare

Per Casartelli il turismo «è un fenomeno che va educato e veicolato alla scoperta del territorio, ma non comporta tutti questi problemi. Anche 20 anni fa a Como non era facile trovare casa, penso alla pressione dei frontalieri. Certamente la città non ha investito sul tema casa, la Ticosa era un’opportunità di housisng sociale e non è stata colta. E il centro si svuota perché è scomodo viverci, non solo per colpa del turismo: al turismo invece dico grazie perché ci ha permesso di recuperare alloggi che non avevano alcun appeal per i comaschi, per esempio in via Milano alta dove nessuno voleva andare e che oggi funziona benissimo con i turisti. E lo stesso per il commercio, che - dal mercato ai negozi - ha tratto beneficio dal turismo».

Per Daniela Maviglia, titolare di My Home in Como, società che gestisce case vacanza, l’idea della “corsa all’oro” legata al turismo deve essere rivista: «Nella maggioranza dei casi - spiega - i nostri proprietari sono persone normali, con una seconda casa ereditata o acquistata con tanta fatica, messa a reddito, in attesa magari di metterla a disposizione dei figli, per pagare la manutenzione e le spese. Non sono certo persone che si arricchiscono. Poi, certo, le speculazioni ci saranno. Le locazioni lunghe non convengono, se ho una proprietà che non genera reddito ma solo spese e non posso difendermi in caso di contenzioso non ci casco una seconda volta».

La possibilità di incidere sul turismo “mordi e fuggi” criticato dal vescovo secondo Maviglia è legato alla capacità del territorio di raccontarsi meglio: «Tanti vengono a Como senza avere idea di come sia davvero, sull’onda di immagini social. Como è diventata famosa in fretta, senza avere avuto il tempo di costruirsi un’identità, deve imparare a raccontarsi e lo deve fare con le istituzioni e tutti gli operatori. Il turismo comasco non è solo quello patinato che raramente corrisponde alla realtà, ce n’è anche uno più lento e attento al territorio. Spesso la scelta del turista di andare in casa invece che in albergo va in questa direzione e deve essere incoraggiata raccontando tutto quello che di bellissimo il territorio offre».

Costi sociali

«Il messaggio del vescovo ha il grande pregio di mettere davanti gli occhi di tutti la necessità di una riflessione profonda sul futuro della comunità - è il commento di Mauro Frangi, presidente di Confcooperative - L’idea che il turismo possa essere la monocoltura del territorio non funziona per tanti motivi. Nessuno sottovaluta il valore economico che genera e la sua capacità di portare la reputazione del nostro territorio nel mondo, ma i costi ambientali e sociali finiscono per inaridire il terreno». Il messaggio del vescovo, prosegue Frangi, ha molte sfaccettature: «Quella del lavoro, per esempio, con tanto sommerso e tante zone grigie. Ma anche il pericolo che questa logica di massimizzazione della rendita immobiliare inaridisca le altre attività economiche. Ciò che vediamo è la proliferazione incontrollata solo di quelle che hanno a che fare con il turismo. Poi c’è lo svuotamento dei centri urbani. La logica degli affitti brevi consente a molti di ricavare reddito a costi irrisori, zero rischi, competenze e impegno nulli, ma snaturano la città».

Serve dunque una riflessione «che non abbia paura di strumenti impopolari, condivido molto la provocazione di Mauro Magatti sull’aumento della tassa di soggiorno. Bene l’idea di utilizzare i pochi strumenti che abbiamo per mobilitare risorse che correggano le perversioni, e di costruire una riflessione condivisa tra attori economici e sociali per immaginare un futuro della comunità diverso».

Difende il volto anche umano del turismo extra alberghiero Paola Gonella, referente del settore in Confcommercio: «Intanto precisiamo che i b&b sono prime case, abitate, i cui residenti affittano una camera: non gli si può imputare la colpa dello svuotamento del centro. Poi spesso l’affitto turistico è il rifugio per chi, fra spese e tasse, vede che con gli affitti tradizionali non gli resta attaccato niente. Quanto alle case vacanze, auspico un ritorno allo spirito vero di questa attività, che è quello di accogliere, conoscersi, stabilire legami, fornire informazioni meno strandardizzate per godersi il territorio. Tutto il contrario di quello che sta avvenendo con i self check in. Como sa essere una città molto umana ed accogliente e tanti turisti sui social ce ne danno atto».

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