Truffa bonus edilizi, ora rischiano i clienti. In debito con il fisco

La beffa Imprenditori si arricchiscono con falsi lavori, ma a finire nei guai sono i contribuenti derubati dei dati

Mentre gli imprenditori accusati di essersi inventati centinaia di cantieri per incassare - leggi: “rubare” - dallo Stato i crediti dell’ecobonus si godono la loro villa in riva all’oceano, in quel delle Mauritius, gli ignari clienti rischiano di trovarsi nei guai con l’Agenzia delle entrate. C’è un retroscena che ha del clamoroso e che suona peggio di una beffa, nell’inchiesta che poco meno di due settimane fa aveva portato a sette arresti per altrettante persone in un’indagine su una truffa da 36 milioni sui bonus edilizi.

Come riportato su queste colonne, l’indagine era partita dopo che una donna entrando nel proprio cassetto fiscale sulla pagine personale dell’Agenzia delle entrate, aveva scoperto di aver ceduto un credito fiscale per lavori di edilizia a una società comasca a lei completamente sconosciuta. Da qui la decisione di presentare una denuncia alla Guardia di finanza che, avviata l’inchiesta, ha finito per trovare quella che sembra una frode molto ben orchestrata, al punto che oltre dieci di quei milioni di falsi crediti fiscali sarebbero già finiti nelle tasche degli accusati.

Due di loro, tra l’altro, Livio Motta, 60 anni il prossimo ottobre, e la moglie Patrizia Galli, 56 anni, sono di fatto latitanti visto che vivono quasi stabilmente alle Mauritius. Da dove, di tasse allo Stato italiano, ne avrebbero pagate ben poche, secondo le accuse.

La donna che ha fatto partire l’indagine, si è rivolta alla Finanza non solo per puro spirito civico, ma anche per un esigenza di autotutela. E infatti una volta scoperta la frode, il fisco potrebbe adesso pretendere indietro i soldi dei crediti fiscali erogati senza alcun titolo. E a chi chiederli, se non arrivassero dai presunti responsabili della truffa? Inevitabilmente a quei clienti che risultano formalmente aver ceduto crediti inesistenti.

Le famiglie comasche

Una simile frode era stata scoperta dai finanzieri di Padova la scorsa estate, quando un giudice emise un decreto di sequestro da quasi tre milioni di euro a carico di 13 persone in quel caso accusate anche di associazione per delinquere, finalizzate alla truffa. In quel caso i crediti fittizi ottenuti riguardavano il cosiddetto bonus facciate.

Erano emerse centinaia e centinaia di richieste di bonus per conto di ignari clienti riferite a lavori mai eseguiti.

In quest’ultima vicenda si sono ritrovate anche numerose famiglie comasche. Tra queste una ventina residenti tutte a Lomazzo che, nel corso del 2021, avevano deciso di effettuare interventi coperti dal “superbonus” deciso dall’allora governo per migliorare l’efficientamento economico delle rispettive abitazioni. Interi condomini avevano dato mandato a una società milanese, un general contractor, di effettuare l’installazione di impianti fotovoltaici, colonnine di ricarica per auto elettriche, nuove caldaie ibride e sostituzione delle imposte.

La querela

Peccato che, all’inizio di quest’anno, qualcuno di loro accedendo quasi casualmente al proprio “cassetto fiscale” abbia scoperto di aver ceduto crediti per oltre centomila euro a società mai conosciute. Ovvero quelle coinvolte nell’indagine di Padova.

I condomini sono stati tutti quanti costretti a rivolgersi a un legale e dar mandato allo stesso dapprima per formalizzare una querela, depositata in Procura a Como - e poi trasferita per competenza - quindi di prendere contatti con l’Agenzia delle entrate per scongiurare la possibilità di una rivalsa economica da parte del fisco. Come dire: oltre la beffa (di aver finanziato, come contribuenti, dei truffatori) pure il danno.

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