Truffa da 15 milioni alla Cesare Pozzo
Blitz a Como: arrestato l’ex presidente

Armando Messineo, già sindacalista Cgil, accusato di associazione a delinquere - Avrebbe fatto carte false per far investire la società di mutuo soccorso in bond rischiosi

Quindici milioni di euro fatti disinverstire da titoli sicuri per poterli puntare su bond lussemburghesi considerati particolarmente a rischio. E ancora, oltre 4 milioni di euro usati per far arrivare denaro a una serie di beneficiari tra i quali - per dirla con il procuratore di Milano Francesco Greco - un «nutrito numero di soggetti tutti residenti in Calabria, titolari di aziende formalmente operanti nel settore edile, alcuni dei quali risultati contigui ad ambienti della criminalità organizzata locale».

C’è anche un comasco, l’ex sindacalista della Cgil cittadina Armando Messineo, 70 anni, residente a Sagnino, tra i sei indagati arrestati ieri dalla Guardia di finanza di Milano nell’ambito di una presunta maxi truffa ai danni della Cesare Pozzo, storica società di Mutuo Soccorso con oltre 140 anni di attività alle spalle.

Messineo, che fino al luglio scorso era presidente della Cesare Pozzo, si ritrova agli arresti domiciliari con l’accusa di associazione a delinquere, truffa aggravata, false comunicazioni sociali e appropriazione indebita. Oltre a lui la Procura di Milano ha chiesto e ottenuto i domiciliari anche per l’allora direttore generale Ferdinando Matera, e per quattro imprenditori calabresi: Fausto Lopez, Marco Reviglio, Christian Madeo e Mirko Faga, a cui il Cda della Cesare Pozzo (su sollecitazione di Messineo e Matera) ha accettato di far arrivare oltre 4 milioni di euro.

Non solo, a carico di Messineo e degli altri indagati il gip del Tribunale di Milano ha anche emesso un sequestro preventivo da oltre 16 milioni.

Secondo quanto contestato da fiamme gialle e Procura milanese, Messineo e Matera avrebbero convinto (anche facendo carte false, sostiene l’accusa) il Consiglio di amministrazione della società di Mutuo Soccorso a dirottare 15 milioni di euro, che si trovavano investiti «in titoli nazionali liquidi e certi» (scrive i giudice) verso un investimento ad alto rischio: l’acquisto di obbligazioni della lussemburghese Csi Healthcare. A detta dell’ex presidente e dell’ex direttore un vero affare che avrebbe non solo messo al riparo il capitale, ma anche garantito una cedola annuale pari al 4% dell’investimento.

In realtà, accusa la finanza, quell’operazione si sarebbe fin da subito dimostrata a rischio, tanto che già nel primo anno (il 2017) la cedola non sarebbe stata pagata. Stando alla Procura Messineo e Matera avrebbero non solo omesso informazioni, ma anche alterato documenti (in particolare avrebbero creato bozze contrattuali diverse da quelle reali) per poter convincere il cda della bontà dell’operazione.

Ma a che pro? Stando all’accusa i vertici della Cesare Pozzo avrebbero ottenuto in cambio dai broker proponenti l’affare del denaro. La prova di questi favori sarebbe in un paio di quadri, appesi a casa Messineo fino a qualche mese fa e poi gettati in discarica (almeno stando a un’intercettazione a carico della moglie dell’ex sindacalista della camera del lavoro comasca). Quadri dell’artista Mimmo Rotella «periziati da un professionista» a spese della Cesare Pozzo «che Matera aveva ceduto a una società del Gruppo Torzi (il broker ndr), ricevendo del denaro dal broker».

Per motivare l’esigenza cautelare a carico di Messineo, infine, il giudice riporta un’altra conversazione intercettata nella quale l’ex presidente della Cesare Pozzo avrebbe annunciato l’intenzione di rivolgersi a un esperto informatico per far resettare gli apparecchi informatici così da cancellare eventuali tracce in caso di perquisizioni e sequestri.

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