Boom dei turisti in città, il dibattito continua: per gli amministratori è difficile fermare gli affitti brevi nei condomini

Il dibattito Troppi affitti brevi nei palazzi del centro. Spallino: «È possibile vietarli appellandosi ai giudici». Gli amministratori: «Regole non chiare, difficile uscirne»

In alcuni condomini a Como ci sono più appartamenti destinati all’affitto breve rispetto a quelli abitati. Si tratta di una situazione dalla gestione complessa per gli amministratori condominiali, ma che rientra appieno nel tema più volte affrontato su queste pagine dell’iper turistificazione della città.

Ad aprire questo nuovo fronte del dibatitto sono state le parole dell’ex assessore all’Urbanistica Lorenzo Spallino che in un intervento pubblicato ieri sul giornale ha invitato a tenere conto dell’«incompatibilità con le disposizioni dei regolamenti condominiali che vietino attività commerciali, essendo pacifico che l’attività di affittacamere sia del tutto sovrapponibile a quella alberghiera». Nei regolamenti dei condomini cittadini, stipulati ormai cinquant’anni fa al momento della costruzione dell’edificio o della vendita dei primi appartamenti, non compare alcun riferimento alle cosiddette case vacanza non imprenditoriali (con un’attività di affitto breve svolta in modo occasionale e in non più di tre unità abitative), previste solo dal 2015 in Lombardia con l’approvazione di una legge apposita.

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Regole degli anni ’70

«In questi regolamenti non c’è scritto espressamente che è vietato fare b&b o locazioni brevi - spiega Rosaria Molteni, presidente provinciale di Anaci, l’associazione che riunisce gli amministratori condominiali del territorio - Semmai si trova il divieto di effettuare l’affitto ad ore, che era un problema negli anni ’70 o ’80. Condivido però quanto sottolineato da Spallino: la destinazione d’uso di una casa vacanza, anche se non imprenditoriale, è chiaramente non abitativa, bensì speculativa. E questo sta creando grossi problemi in molti condomini».

Molteni infatti racconta delle numerose segnalazioni sopraggiunte nel mese di agosto da parte di condomini a proposito di disagi all’interno dei palazzi legati alla presenza dei turisti ospitati negli appartamenti adibiti a locazioni brevi: serrature rovinate, chiasso notturno e, soprattutto, grandi quantità di rifiuti per lo smaltimento dei quali i proprietari delle case vacanza non spendono nulla in più rispetto agli altri condomini.

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«Chi affitta spesso non si preoccupa di questi comportamenti - continua Molteni - Così però si lede il diritto di chi abita una casa acquistata o pagata in affitto con tanti sacrifici e noi amministratori abbiamo purtroppo le mani legate».

L’ambiguità dei regolamenti condominiali (che solo in certi casi, ovvero quando questi non sono stati stipulati al momento della costruzione ma al momento della prima assemblea condominiale, possono essere modificati anche senza l’approvazione unanime da parte dei condomini) che non vieta espressamente l’utilizzo di un’abitazione per affitti brevi di tipo non imprenditoriale lascia come ultima spiaggia agli amministratori quella di chiedere all’assemblea condominiale di procedere per vie legali. «Potrebbe esserci qualche cavillo - specifica Davide Marelli, amministratore condominiale - per esempio un regolamento che vieta un b&b, ma non una casa vacanza nello specifico. Ma in generale è difficile proibire per vie legali l’uso della proprietà a piacimento di chi la possiede. Anche se confermo che questa situazione sta creando non pochi dissapori tra i condomini, soprattutto in città».

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Cause civili come unica via

Il ricorso a vie legali non semplice, per tempi e costi, oltre che per conseguenze sul fronte delle relazioni umane tra chi vive a pochi metri di distanza, tanto che molti desistono dall’idea. Ma sul tema la giurisprudezna è pacifica, secondo Spallino: «La destinazione civilistica di un’abitazione adibita a casa vacanza non è abitativa. Certo, poi dipende da come i giudici interpretano i regolamenti, ma se nel regolamento c’è un divieto di affitto a ore o anche un divieto di attività commerciale, si può procedere di conseguenza, come dimostra la maggior parte delle sentenze sul tema». Le sentenze cui Spallino fa riferimento sono quelle che, negli ultimi anni, si sono susseguite nell’ambito di processi civili relativi proprio all’incompatibilità tra l’utilizzo di un appartamento condiminiale per l’affitto breve e la destinazione abitativa del palazzo stesso.

Alcune di queste, raccolte dallo studio legale Spallino in un articolo di approfondimento sul tema, sottolineano che nonostante esista una distinzione tra case vacanza non imprenditoriali e case vacanza imprenditoriali, anche le prime devono essere assimilate ad attività commerciali proprio per la destinazione d’uso che si riserva all’appartamento. «Il significato letterale attribuito al termine abitazione permette di escludere che l’attività di affittacamere possa assimilarsi all’uso abitativo, dovendo piuttosto essere qualificata come attività commerciale» si legge ad esempio in una sentenza emessa dal Tar di Napoli a febbraio dell’anno scorso.

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Oppure ancora, secondo quanto stabiliva la Corte d’Appello di Milano nel 2020: «L’attività di affittacamere, pur differenziandosi da quella alberghiera per le sue modeste dimensioni, presenta natura a quest’ultima analoga, comportando, non diversamente dall’esercizio di un albergo, un’attività imprenditoriale, un’azienda ed il contatto diretto con il pubblico».

«L’unica eccezione sono quelle attività di b&b in cui i proprietari continuano ad abitare nell’appartamento pur affittando delle camere. Poi un altro grosso tema è capire come far rispettare le sentenze, ecco perché sarebbe bene normare una volta per tutte il profilo civilistico e quello urbanistico di queste attività commerciali, altrimenti intervenire è difficile».

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