Cronaca / Como città
Mercoledì 08 Gennaio 2025
Un docente comasco su cinque è over 60, ma in pochi aspirano alla pensione
Scuola L’Associazione Insegnanti lancia una petizione per il consentire di lasciare a 60 anni. Preoccupa il gap generazionale con gli alunni. Docenti comaschi contrari: «Conta la passione»
Un docente su cinque a Como ha più di 60 anni. Si tratta di 1277 persone in ruolo (1070 nati fino al 1964 e 207 del 1965), sul totale di 5625 insegnanti impiegati dall’infanzia alle superiori, ovvero il 22%. L’Anief (Associazione Nazionale Insegnanti e Formatori) ha lanciato una petizione per il pensionamento dei docenti a 60 anni, raccogliendo oltre 80mila firme. L’obiettivo è affrontare il problema del burnout e del gap generazionale tra docenti e studenti, ma cosa ne pensano i diretti interessati comaschi? Se alcuni di loro non vedono l’ora di raggiungere la pensione, molti non vorrebbero lasciare l’insegnamento, considerato come una vera e propria vocazione.
La passione
«Dipende in quale ordine e grado si insegna, io parlo per la primaria – spiega Mira Bianchi, 65 anni, insegnante alla Corridoni - Personalmente faccio ancora con molta passione questo lavoro e mi sono aggiornata durante la carriera. Vedo tante colleghe che sono verso i 60 che hanno l’entusiasmo di lavorare con bambini e ragazzi, lo si percepisce anche nelle proposte che esulano dall’insegnamento curriculare. I bambini cambiano ogni anno, ma gli stimoli ce li danno proprio loro, poi bisogna saperli cogliere».
«Ho 63 anni, ma non sono assolutamente stanca del lavoro che faccio, anzi – ammette Emanuela Longoni, docente di inglese alla Magistri - ho tre corsi al pomeriggio di inglese C1, uno per docenti e uno per studenti e un corso di tedesco. In più insegno inglese nell’Its. Amo il mio lavoro e cerco di dare sempre il meglio. La sfida sono i giovani di oggi, hanno altre caratteristiche e con loro forse oltre a essere docenti è necessario essere bravi educatori e diventare un riferimento autorevole».
«Io farò i 66 anni a giugno, sono al 39esimo anno di insegnamento – aggiunge Alfredo Pedrazzani, responsabile del plesso di via Magenta della Da Vinci Ripamonti - vedo però che i giovani fanno fatica a inserirsi ed affrontare le problematiche del gruppo classe. C’è stato un grande cambiamento dei ragazzi stessi rispetto ad anni fa, ma anche nel rapporto con i genitori. Io comunque riesco a interagire con loro, ma logicamente gli anni si fanno sentire. Andrò in pensione a 67 anni e la proposta dell’Anief può essere positiva».
«Vado per i 66 anni – commenta Alfonsa Moralli, prof di francese al Caio Plinio -. L’esperienza di mamma aiuta a interagire, anche con le classi più vivaci. Sicuramente c’è più fatica fisica, le energie non sono più quelle di una volta e i cambiamenti sono tanti e rapidi. I ragazzi non studiano più come facevamo noi, non è facile accettare che usino ChatGpt. I 67 anni per la pensione sono troppi per le donne, insegnanti ancora di più»
Neopensionata senza rimpianti
C’è chi è appena andato in pensione, ma che non contava i giorni per arrivare alla fine della carriera. «Io sono fuori e posso dire che sto molto bene, non perché mi trovassi male a insegnare ma perché ho più tempo per fare le cose che mi piacciono – evidenzia Laura Bianchi, ex insegnante del Volta in pensione dal 2024 - Non sarei andata in pensione perché ero stanca di insegnare: chi è riuscito ad aggiornarsi, mettendosi in contatto con questa generazione che si stava trasformando, non ha avuto problemi. I problemi nascono se uno pensa di lavorare come 30 anni fa. Non si può proporre lo stesso metodo educativo. Poi con l’aumento dei social i ragazzi hanno meno capacità di attenzione continuativa su un libro e vanno stimolati in altri modi. A mio parere conviene preparare anche a livello umano e psicologico le nuove generazioni di insegnanti».
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