
Cronaca / Como città
Mercoledì 05 Marzo 2025
Un’altra truffa a danno di anziani: via con 30mila euro
Criminalità Falsi carabinieri se la prendono con un ex dirigente d’azienda e la moglie: rubati gioielli e ricordi. «La targa della vostra auto vista fuggire dopo una rapina in gioielleria. Forse clonata: aprite la cassaforte»
Dario ha una voce squillante e giovanile. Una voce che mette allegria, non fosse per quell’evidente accenno di malinconia e dolore che fa tremare certe parole. Soprattutto quando ripete più volte la parola «vergogna». Quella che, dice, ha provato per una settimana intera. Prima di trovare il coraggio di raccontare di essere rimasto vittima, con sua moglie, degli sciacalli che truffano i pensionati. Approfittando di un’innata buona fede.
La storia che Dario, ex dirigente d’azienda, mente brillante, uomo pieno di interesse e di cultura, così come la moglie, è emblematica delle squallide abilità dei truffatori. «Mi sono deciso a raccontare, nonostante la vergogna che provo, perché spero che la mia storia possa evitare ad altri la stessa sorte».
Lo scippo di ricordi e memoria
Dario e la moglie, per colpa di questa truffa, hanno perso gioielli e ricordi di famiglia per un valore di circa 30mila euro. Ma ciò che più brucia è lo scippo di oggetti della memoria e degli affetti, oltre che la «vergogna» per esserci cascati.
La truffa risale alla scorsa settimana. «Martedì mattina arrivo a casa, a Muggiò, e mentre entro in garage suona il telefono. Siccome era un numero che non conoscevo non ho risposto. In quel momento però esce di casa mia moglie e mi dice: “Sono i carabinieri che ti stanno chiamando, ti hanno clonato la targa. E l’auto con la tua targa è stata vista fuggire dopo una rapina a una gioielleria”». Carabinieri. Clonato. Rapina. Tre parole che basterebbero a mettere in agitazione chiunque. «Quindi rispondo e una voce maschile si presenta: “sono il maresciallo tal de tali, le passo il capitano”. E questo mi dice: “venga giù in caserma”. Sono partito subito». Il sedicente capitano dice a Dario di restare al telefono. E dopo poco gli chiede di fermarsi per dargli i dati personali, visto che deve autorizzarlo a entrare in cortile a parcheggiare l’auto. Una strategia per prendere tempo. Così come quando, ancora pochi minuti, mentre era già al rondò di Como Sole, dice: «Faccia una cosa, prenda l’auto e vada in Motorizzazione che c’è la gazzella dei carabinieri così la accompagnano direttamente loro e non dobbiamo fare autorizzazioni». La voce di Dario si incrina: «Con il senno del poi ammetto di sentirmi un vero scemo ad averci creduto. Ma, credetemi, sono capaci di azzerarti il pensiero». Così gira attorno al rondò e va verso la Motorizzazione. Dove, manco dirlo, di gazzelle neppure l’ombra.
Il falso magistrato
«Nel frattempo - prosegue il suo racconto - mia moglie era al telefono con un sedicente maresciallo che le dice: “Signora voi avete una cassaforte? Mi dica cosa c’è dentro perché dobbiamo verificare che non vi sia nessuno degli oggetti rubati nella rapina”. Intanto io sono andato a perdere tempo con questo finto capitano». Il quale, per prendere altro tempo, dice che purtroppo la pattuglia è dovuta intervenire su un intervento urgente: «E che io avrei dovuto aspettare che uscisse un carabiniere dalla Motorizzazione». A questo punto, però, a Dario un dubbio viene, anche perché di tempo ne passa parecchio: «Avevo in tasca un altro telefono e così decido di chiamare i carabinieri. Ma contemporaneamente mi sento dire da quello che era all’apparecchio con me: “Inutile che chiami i carabinieri, siamo noi i carabinieri”». Il sospetto è che qualcuno lo avesse seguito. Che fosse lì alla Motorizzazione a vedere le sue mosse.
Intanto, a casa, alla moglie di Dario viene detto che il magistrato aveva deciso di mandare un ufficiale giudiziario a ritirare tutti i gioielli della cassaforte per poterli controllare: «“C’è qui suo marito, poi li ridiamo a lui” continuava a dirle». Il complice si presenta a casa: «Pretendeva che mia moglie gli desse anche un anello che aveva al dito. Per fortuna ha detto di no». Mentre succedeva tutto questo «io vedo un signore della Motorizzazione e gli chiedo: “Ma ci sono dei carabinieri da voi?”. E lui: “No”. Ecco, a quel punto ho capito. Attacco e corro a casa». Ma ormai era troppo tardi. Gli sciacalli avevano già azzannato.
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