«Unire le province di Como e Lecco». Rapinese ci prova

Territori Mozione depositata dal sindaco a Villa Saporiti. «Da idioti non farlo, la Camera di commercio l’ha capito»

La richiesta di riunificazione delle Province di Como e Lecco, 33 anni dopo la separazione avvenuta nel 1992, è stata messa nero su bianco dal sindaco di Como Alessandro Rapinese, nella sua vesta di consigliere provinciale, con una mozione depositata a Villa Saporiti. Lo aveva annunciato nel novembre scorso, quando attorno all’idea si composero apprezzamenti trasversali, dalla politica al mondo economico, ma nelle prossime settimane (orientativamente all’inizio di marzo) il documento verrà discusso dal consiglio provinciale.

La proposta

Nel dettaglio Rapinese impegna «il presidente del consiglio provinciale (che è poi il presidente della Provincia Fiorenzo Bongiasca, ndr) a verificare l’iter da seguire per la riunificazione della Provincia di Como e della Provincia di Lecco, favorendolo per quanto di sua competenza». Nel documento vengono anche spiegati i motivi per andare «oltre visioni campanilistiche» in nome di «una progettualità comune». Rapinese nella sua proposta evidenzia come i due territori, sulla base della continuità territoriale, abbiano «caratteristiche sia morfologiche sia socioeconomiche simili» e soprattutto che «le criticità sul piano delle infrastrutture, delle strade, delle ferrovie, dei trasporti lacustri sono simili». A questo aggiunge che «l’enorme sviluppo dell’aspetto turistico di tutta l’area merita una visione strategica sinergica», che «sul piano della formazione le due Province sono portatrici di un’offerta completa (università dell’Insubria/ Politecnico) che deve essere coordinata» e infine sottolinea che «sul piano imprenditoriale esiste già una efficiente realtà comune (Camera di Commercio di Como e Lecco)».

Il primo cittadino di Como commenta poi dicendo: «Non sono un campanilista, sono un ultra campanilista e per me Como è semplicemente tutto, ma proprio perché Como è semplicemente tutto e immagino sia lo stesso per i lecchesi, ovvero che Lecco per loro sia tutto e siano campanilisti come me, è semplicemente da idioti non ripristinare la situazione ante 1992. La Camera di Commercio, che rappresenta il mondo dell’impresa e l’ossatura dell’economia che consente al nostro territorio, in mezzo a mille difficoltà, di riuscire sempre a farsi valere in alcuni settori addirittura a livello mondiale, non è un caso che si sia riunita».

Le ragioni

Poi usa l’ironia: «Noi comaschi continueremo a chiamare Lecco “villaggetto di pescatori” e i lecchesi continuino pure a prendersela con noi comaschi ma, al di là di questi sfottò da bar o da stadio, usiamo la testa e comportiamoci seriamente. Siamo un unico territorio con enormi possibilità e, dicendolo fuori dai denti come si fa tra persone del lago, ad avere i maggiori benefici saranno proprio i miei amici del “villaggetto”».

Sulla proposta, che dovrà essere ora discussa dall’assemblea, si aprirà un dibattito ufficiale. Il presidente Bongiasca nei mesi scorsi aveva detto in modo chiaro: «Una delle battute che uso spesso è che ci abbiamo messo vent’anni per decidere di separarci e, quando l’abbiamo fatto, non si sarebbe dovuto fare. Più un Ente è grosso, più ha peso e condivido quindi l’idea di ritornare uniti. Piccolo è bello, ma non più funzionale. Lo stesso vale per i Comuni». E aveva anche aggiunto che «A fare la differenza non è un campanile, ma l’attività che viene fatta. Non c’è dubbio che riunirsi converrebbe a tutti, ma purtroppo c’è una questione campanilistica».

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