Università Insubria, l’ex rettore e il blitz di fine mandato: scontro sulla Fondazione

Il retroscena Angelo Tagliabue ha provato a conferire gli immobili dell’Insubria all’ente da lui voluto e di cui è presidente

Il tentativo in extremis del rettore uscente dell’Insubria di far approvare lo Statuto della Fondazione Università dell’Insubria (Fui), per poter conferire alla nuova realtà voluta proprio dall’ex guida dell’Ateneo parte del patrimonio immobiliare della stesa Insubria, è naufragato. Ma i rapporti tra i vertici universitari e la Fondazione sono una delle primissime grane che la nuova rettrice, Maria Pierro, dovrà risolvere.

Gli ultimi mesi di reggenza da parte di Angelo Tagliabue sono stati particolarmente turbolenti, in realtà un po’ come gli ultimi anni in cui l’ex rettore si è ritrovato spesso al centro di scontri e di polemiche e di esposti e di tensioni che hanno scosso diversi dipartimenti dell’Ateneo comasco-varesino.

L’ultima spina nel fianco di una gestione difficile, ha riguardato la creatura voluta proprio da Angelo Tagliabue: ovvero la Fondazione Università dell’Insubria, il cui presidente ancora per i prossimi tre anni sarà proprio il rettore uscente, il quale - una volta smesso l’ermellino - si è ritagliato comunque un ruolo decisionale e importante nella vita dell’università.

La Fui, ancorché voluta fortemente dal professor Tagliabue, era stata approvata da tutte le istituzioni dell’Insubria, in quanto vista come una opportunità per intercettare fondi, bandi e contributi utili a contribuire alla crescita dell’Ateneo stesso. Ma negli ultimi mesi si erano aperte fratture importanti nei vertici. Il motivo era legato alla versione finale dello statuto della Fondazione, quella in cui si dà atto che l’ente presieduto dall’allora rettore avrebbe avuto l’onere (e l’onore) di gestire l’impero immobiliare dell’Università e, in particolare, i collegi per gli studenti (tra i quali il collegio Santa Teresa a Como).

Quella modifica, accusa la maggioranza delle istituzioni universitarie, non sarebbe mai passato dal Senato accademico, ovvero l’organo collegiale decisionale più importante che, da regolamento, esprime pareri obbligatori “sui piani pluriennali di sviluppo dell’Ateneo”, sugli “atti di programmazione”, “sul bilancio” e, soprattutto, “formula proposte e pareri obbligatori al Consiglio di amministrazione”. Questo significa che ogni delibera, prima di essere discussa e approvata dal Cda, deve passare al vaglio del Senato Accademico.

La frattura tra i “senatori” e il loro presidente, ovvero il rettore Tagliabue, avviene alla fine dello scorso anno. Ma la prima crepa risale a poco meno di un anno fa. Ovvero quando, a fine maggio, il Consiglio di amministrazione si ritrova ad approvare lo statuto definitiva della Fondazione. Senza però che lo stesso fosse passato prima, per il solito parere obbligatorio, dal Senato Accademico.

Proprio questo passaggio ha minato il rapporto di fiducia con il rettore.

La bufera ha poi investito inevitabilmente anche il Consiglio di amministrazione dell’Insubria. Il rettore è stato di fatto costretto a ritirare l’ordine del giorno sulla Fondazione, dopo che aver registrato la spaccatura in seno al cda. Insomma, il tentativo di dare sostanza alla sua creatura è fallito. Ma è chiaro che il ruolo che lo stesso Tagliabue si è ricavato nella Fondazione, presidente per altri tre anni, determina ancora una fase delicata di equilibri interni. Fase che la nuova rettrice avrà l’onere di affrontare da qui ai prossimi mesi.

Magari anche sconfessando alcune scelte del suo predecessore.

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