«Troppe borse di studio agli stranieri». Fermi: stop autocertificazione del reddito

Università L’assessore regionale: «Sono l’8%, ma ottengono una borsa su tre. Un dato strano» - «Agli italiani si chiede l’Isee, a loro invece no. Così studiano gratis qui e poi tornano in patria»

«In Lombardia, quasi il 30% delle borse di studio a disposizione delle università viene assegnato a ragazzi stranieri che, però, rappresentano solo l’8% degli studenti iscritti. A differenza degli italiani, che per accedere al contributo devono certificare il proprio reddito presentando la dichiarazione Isee, a loro basta un’autocertificazione, molto difficile da verificare». Su questa situazione il comasco Alessandro Fermi, assessore regionale all’Università, mette la lente d’ingrandimento dopo la conclusione del tour nei 14 atenei lombardi. I dati che snocciola Fermi sono regionali, ma la situazione è bene o male la stessa in tutte le università, pur con presenze diverse di ragazzi stranieri.

I numeri e lo scenario

La sua intenzione, ora, è quella di fare maggiore chiarezza e accertarsi che chi prende la borsa di studio, ne abbia effettivamente diritto. Garantire, insomma, equità nella distribuzione dei fondi.

«C’è questa differenza tra studenti italiani e stranieri – dice Fermi - Gli italiani, per dimostrare di avere diritto alla borsa di studio, devono portare il loro Isee che attesta di essere sotto i 26mila euro; agli stranieri, invece, basta fare un’autodichiarazione per il reddito complessivo. Se consideriamo che sono l’8% degli iscritti e ottengono il 30% del fondo per le borse di studio, significa che praticamente tutti lo hanno. È chiaro che c’è una differenza tra un’autocertificazione che non ha controlli e il modulo Isee. Secondo me questa cosa va rivista, almeno per verificare con elementi certificanti, è un dato particolare. Non è una cosa facile da realizzare, ma dobbiamo rendere uguali le condizioni tra studenti italiani e stranieri».

Dialogo con il ministro

Anche perché, aggiunge Fermi, molti di loro non restano in Italia una volta finiti gli studi, come gli è stato confermato dai rettori. «Questi ragazzi studiano gratuitamente nelle nostre università e poi tornano al loro Paese, quindi in questo caso il ritorno per noi non c’è – evidenzia l’assessore regionale -. Noi abbiamo tutto l’interesse ad attrarli, magari però sarebbe utile collaborare con i loro Stati di provenienza per verificare lo stato patrimoniale reale della famiglia. Se è vero che ne hanno diritto ben venga, ma mi sembra giusto fare le verifiche del caso come per i nostri studenti, quantomeno togliersi il dubbio. Ne ho già parlato con il ministro dell’Università Anna Maria Bernini e gliel’ho ribadito anche dopo il tour, per capire se si riesce a fare una sorta di accordo almeno con gli Stati dove ci sono più studenti in arrivo. Ci sono università che ne hanno tanti».

In generale Fermi ritiene che le università della nostra regione godano di buona salute. «In Lombardia siamo fortunati, un’eccellenza da ogni punto di vista. Oltre alle classiche misure che abbiamo adottato, ce n’è una ad hoc per sostenere la capacità attrattiva dell’università, finanziando la strumentazione tecnologica e laboratori per essere al passo con i tempi e mantenere qui da noi i ricercatori da tutta Italia. Finanziamo progetti di adeguamento tecnologico per migliorare i centri di ricerca».

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