Viaggio a Villa Giovio: nessuno la compra e il degrado avanza

Breccia Aste deserte e prezzo sceso da 4,5 a 4,2 milioni. Finestre murate, calcinacci e infissi deteriorati: ecco com’è il gioiello dopo decenni di abbandono

Villa Giovio è chiusa da 34 anni. E nonostante i diversi tentativi di tenerla in vita - come Centro europeo sulla prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro, come parco aperto al pubblico, come hotel di lusso - è ancora lì, magnifica e decadente. Un gioiello vero - l’aveva progetta dal 1790 Simone Cantoni, lo stesso architetto che ha firmato Villa Olmo - con un parco immenso (90mila metri quadri), abbandonato quanto lo sono la Ticosa e il San Martino, ma molto meno strategico come collocazione e quindi periferico anche rispetto al dibattito politico.

Aste a vuoto

Oggi, dopo diversi tentativi di metterla all’asta, la magnifica residenza di Breccia di proprietà dell’Inail è ancora in vendita: il prezzo da 4,5 milioni è sceso nel 2021 a 4,2 milioni, per 8.700 metri quadri divisi su tre piani. Sottoposta a vincoli, può diventare un hotel, un centro congressi o una residenza privata.

Ma il passare del tempo non depone a favore di un investimento che si fa via via più oneroso: dopo l’ultimo intervento di restauro, terminato nel 2000 a opera dell’Inail (che voleva realizzare un centro per la sicurezza sul lavoro) e costato 735 milioni, il complesso è stato abbandonato e oggi sulla pagina dell’Invimit (società che fa capo al ministero dell’Economia e si occupa di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico attraverso fondi di investimento) lo stato manutentivo del bene è definito “insufficiente”.

Lo denunciano peraltro - perché Villa Giovio è chiusa, sì, ma un cancello secondario sfondato e buchi nella recinzione rendono agevole l’accesso - tutti gli accessi del piano terra - quello restaurato 25 anni fa - murati evidentemente per proteggere i preziosi interni della villa - ricca di saloni e di affreschi - dagli accessi impropri che evidentemente in questi decenni non sono mancati. Gli infissi deteriorati, calcinacci e gradini sbeccati, decine di trappole per topi raccontato il lento ma inesorabile decadimento di un monumento che - per quando distante dal lago - potrebbe diventare un altro dei poli di attrazione di una città che sembra sempre in cerca di spazi da dedicare all’accoglienza e al turismo.

La riapertura del parco

Il parco - che invece appare, se non curato come il suo lignaggio richiederebbe, oggetto di manutenzione costante - potrebbe comunque vivere di vita propria, anche perché una porzione di esso - quella compresa fra via Varesina e via Villa Giovio - è isolata dal corpo che comprende la villa e quindi potrebbe trovare una destinazione d’uso autonoma. A questo puntava la petizione - rimasta lettera morta - sotto la quale apposero le loro firme nel 2009 centinaia di comaschi. Nel 2013 il consiglio comunale approvò una delibera di indirizzo - mai attuata - che chiedeva alla giunta di accordarsi con l’Inail per la «restituzione alla città dello spazio verde attiguo alla villa».

Così come rimase senza seguito l’annuncio, nel 2017, di un progetto privato di recupero e riqualificazione, che prevedeva tra l’altro la destinazione a verde pubblico del comparto sud, per la realizzazione di un albergo di lusso. L’investimento sfiorava i cinque milioni di euro, fra progettazione e lavori il super hotel avrebbe visto la luce in un paio d’anni. Non ne se ne è sentito più parlare.

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