
Cultura e Spettacoli / Como città
Domenica 27 Aprile 2025
Anni di piombo: tempi vicini e lontani
Libri L’atmosfera politica, culturale e sociale degli anni Settanta nelle cronache di Michele Brambilla. Da Piazza Fontana al sequestro Moro, un bilancio personale e generazionale di quell’epoca stravolgente
Per chi non li ha vissuti in prima persona è difficile anche solo immaginare cosa fossero gli anni di piombo, un periodo storico così vicino in termini cronologici ma profondamente lontano e diverso dalla nostra contemporaneità. Un primo avvicinamento a quella stagione può provenire da “I peggiori anni della nostra vita” di Michele Brambilla (Aragno, Torino 2024), un breve libro che ricostruisce l’atmosfera politica, cultura e sociale degli anni settanta in un racconto in cui convivono elementi di cronaca e narrativi, fatti storici e ricordi personali.
Vicenda
La vicenda si avvia nel 1979 quando Brambilla, oggi direttore del Secolo XIX e all’epoca giovane giornalista de “Il Giornale” di Indro Montanelli, ricevette l’incarico di documentare uno scontro tra studenti di gruppi di destra e sinistra avvenuto fuori dal Liceo Frisi di Monza, uno strascico “provinciale” e fuori tempo massimo del decennio delle violenze giovanili di piazza. Da qui il libro ripercorre gli eventi chiave degli anni di piombo partendo dalla prima delle stragi ovvero l’attentato di Piazza Fontana del 1969, un evento traumatico che «segna un prima e un dopo» perché «disse agli italiani, per la prima volta, che anche nello Stato c’è chi può depistare, c’è chi può mentire, c’è chi può addirittura collaborare con gli stragisti».
Tra le molte vittime dell’odio politico di quegli anni il libro si sofferma in particolare sul caso dell’anarchico Giuseppe Pinelli morto (o ucciso?) in circostanze sospette dopo un interrogatorio a seguito dei fatti di Piazza Fontana e sul commissario Luigi Calabresi, accusato da una parte dell’opinione pubblica di essere l’assassino di Pinelli e ucciso da un attentato terroristico di estrema sinistra nel 1972.
Momenti concitati
Ma di quell’epoca di sangue il momento più eclatante sarebbe arrivato più tardi, nel 1978, con il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. Brambilla ricorda i concitati momenti che seguirono la scoperta del rapimento e il senso di panico che sconvolse l’Italia e che spinse le diverse forze parlamentari a fare quadrato contro il terrorismo politico, sancendo di fatto la fine delle proteste studentesche. Per usare le parole dell’autore: “Con il millenovecentosettantotto finiva anche il Sessantotto. Solo in Italia era durato così a lungo”.
Accanto alla ricostruzione giornalistica nel libro trovano spazio aneddoti personali, brevi ritratti di giornalisti e politici e anche le varie occasioni in cui i fatti drammatici di quegli anni si risolsero in situazioni grottesche o ridicole che dicono molto dell’opacità di quel momento storico e forse, più in generale, della cultura del nostro paese (del resto, come dice l’autore, «questa era e forse è ancora l’Italia. La farsa e la tragedia»). Un caso di questi coinvolse lo stesso Brambilla che venne indicato da un testimone oculare come il sicario che uccise Calabresi, un’accusa assurda visto che all’epoca dei fatti il giornalista aveva solo tredici anni.
Ma nel bilancio personale e generazionale di quell’epoca, che l’autore traccia nelle pagine finali del libro, emerge anche l’altro lato degli “anni peggiori della nostra vita” ovvero l’inevitabile sguardo di nostalgia per il tempo della giovinezza ma anche la consapevolezza che quella stagione sanguinaria ed “oscura” della storia d’Italia sia stata anche un momento di profondi cambiamenti sociali, di vivacità culturale e di una partecipazione e passione politica che non si sarebbe mai più rivista negli anni a venire.
© RIPRODUZIONE RISERVATA