Caravaggio: l’aggressione della realtà

Fino al 6 luglio a Roma (Palazzo Barberini) l’esposizione dell’opera del grande artista lombardo. La curatrice Terzaghi: «Un’occasione nell’anno del Giubileo. I suoi soggetti umani riflettono su destino e verità»

Caravaggio è il pittore della realtà. Davanti a un suo dipinto veniamo aggrediti da una forza espressiva unica, che risponde alla necessità di misurarsi con la vita quotidiana, di indagare la natura umana sotto una chiave psicologica. Caravaggio è spietato nel suo realismo, convinto nello sfidare le menzogne della retorica, lontano dunque da quell’arte che al suo tempo doveva illudere, fingere, a volte persino nobilitare ciò che non era nobile. I suoi soggetti sono allora profani, non rispondono a pose predefinite, e proprio per questo sono universali, come proiezione di sentimenti, di un bene e di un male intesi come valori simbolici.

In questo senso, la mostra in programma a Roma, a Palazzo Barberini fino al 6 luglio, rappresenta un’occasione unica per i grandi amanti dell’opera del Merisi. Si tratta infatti di uno dei più importanti e ambiziosi progetti espositivi mai dedicati all’artista che per la prima volta riporta, in un luogo simbolo della connessione tra Caravaggio e i suoi mecenati, una accanto all’altra, ventiquattro opere dalla storia comune, provenienti da importanti collezioni nazionali e internazionali.

«Solo Merisi»

«Abbiamo scelto di mettere in mostra solo opere di Caravaggio, per una mostra più focalizzata sul maestro e non sugli allievi – spiega Maria Cristina Terzaghi, che insieme a Francesca Cappelletti e Thomas Clement Salomon ha curato l’esposizione - Non è stata una scelta semplice perché ottenere i prestiti dai musei è complicatissimo, essendo forti attrattori di pubblico. L’obiettivo è stato quello di proporre dipinti in grado di sintetizzare ciascuna fase del percorso dell’artista, oltre a portare alla luce le opere poco visibili o per nulla visibili perché custodite in collezioni private».

Il fatto che la mostra si tenga proprio a Roma è piuttosto significativo. Il rapporto di Caravaggio con la capitale non è stato soltanto quello della sua presenza fisica. L’artista rimase fino a 22 anni a Milano, ma oggi non abbiamo nessuna opera relativa a quel periodo. I primi dipinti che di lui si conoscono sono quelli realizzati proprio a Roma, dove ha svelato al mondo la sua capacità di azione. Caravaggio, inoltre, più di tutti ha rappresentato in modo immediato e potente i temi della religione cristiana: un modo perfetto per osservarlo nell’anno del Giubileo.

«Roma è stata il teatro della maturità artistica di Caravaggio. Sarebbe stato un’artista diverso se fosse rimasto a Milano - spiega Terzaghi -. Poteva andare a Napoli dove era conosciutissimo e amatissimo ma ha sempre desiderato tornare nella città antica. Un evento come il Giubileo gli sarebbe stato famigliare: lo visse anche al suo tempo. Per questo grande momento, non abbiamo nemmeno tentato di chiedere le opere di collocazione ecclesiastica. Era giusto che per questa ricorrenza rimassero nelle chiese».

Eppure Caravaggio non è un pittore di sempre. Nonostante sia vissuto tra Cinquecento e Seicento, la sua percezione è maturata solo nel Novecento, in un’epoca fortemente improntata ai valori della realtà, del popolo, della lotta di classe. Decisiva fu la mostra del critico Roberto Longhi a Palazzo Reale nel 1951. Ed è contemporaneo perché risponde ancora alla sensibilità del nostro tempo.

«Caravaggio è stati famosissimo al suo tempo – evidenzia Terzaghi -. Non è morto senza che nessuno si accorgesse di lui. Poi c’è stato un forte declino fino a una parziale dimenticanza. Longhi inizia nel 1912 i suoi studi e impiega 40 anni per arrivare alla grande mostra del ‘51. Come tutti i grandi geni è contemporaneo perché a che fare con ciò che è eterno nell’uomo: vita e morte su tutto. Una rappresentazione dell’umano connessa con il destino e la verità. Una ricerca della realtà positiva, sacrale, eterno appunto. C’è un altro aspetto: i contemporanei di Caravaggio lo sentivano moderno, è sempre stato legato a qualcosa di nuovo a livello figurativo. Questo suo essere sempre stato ”nuovo” lo avvicina a noi».

Ecce Homo

Alla mostra di Roma è presente anche lo straordinario “Ecce Homo”, dipinto riscoperto nella primavera del 2021 in un catalogo d’asta a Madrid, dove veniva attribuito a un pittore della cerchia di Jusepe de Ribera per un valore di partenza di 1500 euro. Il dipinto, la cui collocazione fissa è al Museo del Prado di Madrid rientra in Italia per la prima volta dopo secoli.

«Sull’Ecce Homo sono di parte, perché sono stata implicata nella vicenda della riscoperta. Lo ritengo meraviglioso, un’opera commovente. Avendo questo statuto che appartiene a una collezione privata, dato in prestito al Prado, è stato complicato mettere in moto le richieste per ottenerlo: alla fine, siamo felicissimi che sia tornato in Italia per questa esposizione. Del resto ci sono altri Caravaggio nati in Italia che si trovano all’estero. Ci sono ancora difficoltà a collocarlo tra il primo e il secondo soggiorno napoletano. Abbiamo perciò deciso di esibirlo accanto ad altre opere di quel periodo che potessero farci capire qualcosa di più del quadro».

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