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Giovedì 13 Marzo 2025
Casorati: l’enigma di una pittura cerebrale
Dopo trentasei anni di assenza, l’opera del grande artista torna esposta a Palazzo Reale di Milano. Una raccolta di cento dipinti capaci di cogliere nella semplicità del quotidiano il mistero profondo della vita
All’apice della sua parabola artistica, dopo la grande mostra personale alla Biennale di Venezia del 1924 e l’accoglienza nel gruppo Novecento di Margherita Sarfatti, Felice Casorati (Novara 1883-Torino 1963) è accusato da una buona parte della critica di essere cerebrale, decorativo, neoclassico. Sono proprio queste due ultime definizioni che all’artista stanno proprio strette e nelle quali non si riconosce.
La critica fatica a comprendere l’originalità della sua pittura così, appunto, cerebrale, categoria, invece, nella quale l’artista si identifica pienamente. La sua non è una pittura immediata, diretta ed esplicita, ma, al contrario, enigmatica, fredda e per questo allo stesso tempo intrigante e misteriosa. Casorati è, tra gli artisti italiani che hanno lavorato tra anni Venti e Trenta, quello che più di tutti è inseribile nella categoria del “realismo magico”, come, lo è stato in letteratura lo scrittore Massimo Bontempelli. Interpreti sottili della realtà, e non semplicemente narratori, che sanno cogliere nella banalità e semplicità del quotidiano la complessità e il mistero profondo della vita.
Tale attitudine, che fa di Casorati un caso quasi unico nell’arte italiana, è presente fin dalle sue prime prove, non ancora apicali, ben documentate nella grande mostra monografica aperta a Palazzo Reale a Milano, curata da Giorgina Bertolino, Fernando Mazzocca e Francesco Poli. L’occasione di poter godere dell’intero percorso dell’artista è preziosa, perché la mostra non solo raccoglie sulle stesse pareti opere disperse in vari musei e pertanto dialoganti nelle stesse sale, ma anche molti dipinti custoditi in collezioni private e pertanto non visibili da diversi anni.
Percorso
Il percorso si apre con le opere del suo cosiddetto periodo “realista” che però nella realtà descrittiva di soggetti quali il “Ritratto della Sorella Elvira” (1907) o “Le ereditiere” (1910) rivela già l’anima complicata, volta a scandagliare l’intimità dei personaggi di Casorati, che si nutre delle ricerche artistiche mitteleuropee grazie alla frequentazione della mostre di Cà Pesaro a Venezia e del confronto con i maestri della storia dell’arte quali, in particolare, Botticelli, Velasquez e Bruegel, ammirato quest’ultimo durante le sue visite al Museo di Capodimonte, nel suo difficile e controverso periodo napoletano. La definitiva e più esplicita direzione simbolica pittura di Casorati si osserva in “Signorine” realizzato nel 1912, opera nella quale, sullo sfondo del parco di Bra di Verona, dove ha vissuto, il pittore ritrae quattro figure femminili, che rappresentano quattro stati esistenziali della donna: Dolores il lutto, Violante la malinconia, Bianca la purezza e Gioconda il matrimonio.
Stile inconfondibile
Da questo momento e soprattutto dopo il trasferimento definitivo a Torino nel 1919 nascono i suoi dipinti più emblematici, da “Una donna” o “L’attesa” del 1919 all’enigmatico ritratto di Silvana Cenni del 1922, icona metafisica ispirata alle pale d’altare di Piero della Francesca, che ritrae una donna in mistica contemplazione, alle sue spalle dalla finestra aperta in un perfetto scorcio prospettico rinascimentale si staglia un edificio ecclesiastico. Con queste opere e quelle eseguite nei primi anni Venti, l’artista raggiunge il suo stile inconfondibile che d’ora in poi lo identificherà non solo presso la critica ma anche fra il vasto pubblico. Questi iconici capolavori del Novecento rappresentano degli interni desolati, prospetticamente elaborati per creare una sorta di spazio mentale in cui le figure, prive di una precisa connotazione realistica e contemporanea nella stilizzazione delle sembianze e degli abiti, appaiono in angosciosa attesa esprimendo nella loro solitudine un male di vivere, riflesso anche nei poveri oggetti, come le scodelle e le stoviglie.
I giochi prospettici degli spazi interni ed esterni in cui si collocano personaggi reali, come i ritratti di Alfredo Casella o della famiglia Gualino, le modelle o le nature morte, contribuiscono a trasformare il reale e il quotidiano in qualcosa di molto più introspettivo, malinconico, pensieroso, ma anche sorprendente. Basti pensare alla “Natura morta con manichini” (1924) o alla serie delle “Conversazioni”, come ad esempio la controversa “Conversazione platonica” (1925), che presenta un nudo femminile disteso con un uomo con cappello, ritratto dell’amico Alberto Sartoris.
Una vera e propria bella sorpresa nella mostra è poi la sala dedicata alla collaborazione con Riccardo Gualino, collezionista, mecenate e imprenditore per il quale Casorati progetta, insieme all’architetto Sartoris il piccolo teatro privato della sua dimora torinese. Alcuni fregi del teatro sono documentati in mostra dai bassorilievi “Donna con l’arco”, “L’incontro con la musica” e “Donna seduta con scodella”, che rievocano anche l’interesse di Casorati per la musica.
Lui stesso pianista, il pittore, ha infatti collaborato spesso tra gli anni Trenta e i Cinquanta per il mondo del teatro, anche con le scenografie realizzate per il Maggio Musicale fiorentino, l’Opera di Roma e La Scala di Milano, dai cui archivi sono stati prestati i bozzetti esposti nella sala che chiude il ricco itinerario della mostra.
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