Il Monopoly russo sulla guerra in Ucraina

“Operazione speciale in periferia” è il nome del gioco da tavolo che si rifà ai recenti eventi bellici. Uno nuovo modo per manipolare le menti, soprattutto quelle più giovani, alimentando il fervore patriottico

Il 24 febbraio è stato il terzo anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina. E il giorno prima, 23 febbraio 2025, è caduta nel calendario del regime putiniano la Giornata dei difensori della Patria. Assolutamente tipica di questo regime, come già a suo tempo di quello sovietico, è l’abitudine di presentare gli eventi connessi alla retorica nazionale in modo falsificante: la giornata del 23 febbraio, infatti, è dedicata ai militari che combattono in Ucraina, laddove tutto si può sostenere fuorché siano lì per difendere la patria russa, ma semmai per cercare di negare a quella ucraina, aggredendola, il diritto stesso ad esistere.

Niente di nuovo sotto il sole della Russia, purtroppo. La notizia degna di nota, piuttosto, è un’altra, legata a una commercializzazione della cosiddetta “operazione speciale militare”, come è obbligatorio per tutti i russi – a rischio, in caso contrario, di processo con condanne fino a 15 anni di carcere – definire questa guerra voluta da Vladimir Putin: Wildberries, il più grande sistema di vendita online della Russia, ha messo in commercio, proponendolo come “il regalo perfetto per la Giornata dei difensori della Patria”, una versione del Monopoly dedicata alla guerra in Ucraina.

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Con sottile ambiguità linguistica, il nome del gioco da tavolo è “Operazione speciale in periferia”, che in russo di dice “okraine”, pronunciato uguale a “Ucraina”. Nessuna ambiguità, invece, nei contenuti: fino a sei giocatori possono impersonare dei comandanti di battaglione russi incaricati di “liberare” 14 città ucraine e 8 “siti strategici” da quello che viene definito – in perfetta corrispondenza con la falsa propaganda del Cremlino – “il potere nazista”. L’illustrazione sulla scatola mostra tre militari delle forze armate speciali russe pesantemente armati, mentre la piattaforma di gioco propone un campo di battaglia su cui sono impegnati, tra potenti esplosioni, carri armati ed elicotteri russi.

Il “Moscow Times”, testata russa di opposizione al regime che è stata messa fuorilegge e costretta a trasferirsi all’estero per poter continuare a lavorare, riporta i termini dell’autopresentazione di questo sinistro passatempo da salotto: “È una versione moderna e unica del Monopoli, che affascinerà gli appassionati di strategia e di economia”. I giocatori sanno ancor prima di cominciare quale sarà il contesto (esso pure pesantemente condizionato dalla propaganda di regime) in cui si muoveranno: “Le città orientali accolgono i liberatori festosamente, mentre quelle centrali e occidentali – notare bene che la parola Ucraina non viene mai citata, in ossequio a Putin che afferma che l’esistenza stessa di una nazione ucraina altro non sia che un’invenzione russofoba – subiscono la propaganda nemica e rendono la loro liberazione una vera sfida”.

Riflessioni

Sono diverse le riflessioni che questo bellicistico Monopoly di regime suscita. Esse riguardano in primo luogo, inevitabilmente, le condizioni in cui la Russia di Putin è precipitata: un Paese in guerra non solo dal punto di vista dell’atmosfera generale, in cui l’aggressione fallita (nelle convinzioni del Cremlino e dei vertici militari sarebbe dovuta durare pochi giorni e concludersi con un facile trionfo) all’Ucraina viene presentata a cittadini scientificamente disinformati come una sacra missione nazionale contro un inesistente “nazismo”, ma anche dell’economia, ormai convertita al sostegno di un gigantesco sforzo bellico. Un Paese in cui la propaganda militarista martella nelle scuole fin dagli anni della materna, con soldati in divisa che vengono a spiegare ai bambini “le verità” della guerra contro l’Ucraina e il dovere di odiare l’Occidente che la sostiene. In questo contesto, non può stupire che un Monopoli russo sia trasformato in uno strumento di propaganda di guerra.

Allargando lo sguardo, però, ci si rende conto che questa mentalità da “grande dittatore” alla Chaplin sta purtroppo prendendo piede ben oltre i confini della Russia. Come non ricordare che la Cina di Xi Jinping ha da tempo spostato le pedine del suo gioco geostrategico oltre i suoi confini legittimi e riconosciuti, occupando le isolette del Mar Cinese (che cinese non è!) Meridionale e pretendendo che quell’intero mare sia parte della Cina; e che Xi minaccia apertamente di annessione la libera Taiwan, ignorando la volontà di chi la abita esattamente come fa Putin in Ucraina? E come dimenticare che in Corea del Nord un altro dittatore gioca con un arsenale nucleare e convenzionale per ritagliarsi un ruolo da protagonista sulla scena mondiale, mandando senza scrupoli migliaia di suoi sudditi in divisa a morire per Putin sul fronte ucraino?

Come dimenticare che Donald Trump gioca il suo Monopoli minacciando di prendersi la Groenlandia, il Canale di Panama e perfino il Canada come un Parco della Vittoria qualsiasi? E vogliamo parlare di Gaza da trasformare in un resort di lusso per ricchi americani dopo aver scacciato i suoi abitanti palestinesi? Ormai gli autocrati, conclamati e aspiranti, del nostro tempo non fanno neanche più finta di rispettare le regole del gioco: se le fanno da soli.

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