inverno di 120 anni fa
como regina di cuori

L’“Illustrazione italiana” nel 1903 dedica al romantico Lario il numero di fine anno Un lungo reportage dai paesi rivieraschi alla Val d’Intelvi illustrato con quadri d’autore

«Se il Lago Maggiore può essere paragonato ad una robusta montanara fiorente di bellezza e di salute, il suo rivale, il Lago di Como, ha tutte le grazie gentili, le eleganze di una aristocratica dama, dai sorrisi seduttori, dai languori che incantano, dalle civetterie che turbano. Si può dire che il suo ramo occidentale, da Como a Cadenabbia e a Bellagio porti l’impronta, la fisionomia dei suoi nobili e ricchi villeggianti. È l’anima del patriziato lombardo patriottico ed artista, che sparse quei colli di nidi di poesia e di felicità, e ha infiorato quei poggi, e dato il sorriso ai bacini chiusi nell’ombra delle alte creste…È il lago dei poeti romantici, è il lago dell’eterno romanticismo». Così si apre il numero speciale “natalizio” del 1903 (120 anni fa) che il periodico “L’Illustrazione italiana” dedicò al lago di Como, testimonianza della fama di cui ha sempre goduto.

In piena Belle Époque

Nei primi anni del Novecento, in piena belle époque, i periodici illustrati di attualità e cultura trovavano il favore di un pubblico sempre più vasto di lettori e il settimanale milanese, fondato da Emilio Treves proprio 150 anni fa, il 14 dicembre 1873, cominciò presto ad avere una larga diffusione negli ambienti della medio-alta borghesia, non solo per la qualità degli articoli, spesso affidati a firme famose, ma anche grazie alle illustrazioni di artisti di un certo nome. Le edizioni “speciali” pubblicate una volta all’anno in occasione delle festività natalizie, con il titolo “Natale e Capo d’Anno dell’Illustrazione italiana”, sono di pregevole fattura e ben confezionate, con molte immagini a colori, e diventarono un appuntamento fisso per la platea degli affezionati lettori.

Il testo del numero “lariano” (“Nella regione dei laghi. Il Lago di Como”), che ci immerge immediatamente nell’atmosfera un po’ frivola e mondana dell’epoca, è opera di Achille Tedeschi, personaggio di primo piano nel mondo giornalistico milanese. Entrato a far parte della casa editrice Treves, oltre alla collaborazione con “L’Illustrazione italiana”, pubblicò per i suoi tipi alcuni volumi di letteratura per l’infanzia e, insieme alla sorella Virginia, nota con lo pseudonimo di Cordelia, aveva diretto il “Giornale dei fanciulli”.

Nel «modesto ufficio di cicerone», Tedeschi guida il lettore nella sua escursione attraverso il lago, prendendo le mosse «dalla storica città che gli ha dato il nome», patria «dei due Plinii e di Alessandro Volta», ma prima riprende un brano di Giovanni Verga (lo troviamo in “Racconti e bozzetti”) che riflette «l’impressione, schietta, vera, spontanea» di chi per la prima volta si affaccia sulla soglia del lago di Como: «Allorché vi trovate per la prima volta sul ponte del battello a vapore, rimanete un istante immobile, e colla sorpresa ingenua del piacere stampata in faccia, né più né meno di un contadino che capiti per sorpresa in una sala da ballo. L’ammirazione è ancora d’impressione, vaga e complessiva. Non è lo spettacolo grandioso del Lago Maggiore, né quello un po’ teatrale del lago di Lugano visto dalla Stazione. È qualche cosa di più raccolto e penetrante. Tutto il Lago di Como a prima vista è in quel bacino da Cernobbio a Blevio, e la prima idea netta che vi sorge è di sapere da che parte se n’esca».

In 32 pagine lo scrittore ci accompagna non solo nelle località più caratteristiche delle due sponde lariane che in quegli anni richiamavano una nutrita schiera di turisti, come Cernobbio, Moltrasio, la Tremezzina, Bellagio, ma si spinge fino ai più piccoli paesi dell’Alto Lago e del Lecchese, «il ramo dei “Promessi Sposi” il meno frequentato e pure il più famoso» e, lasciato alle spalle lo specchio d’acqua, porta il lettore in una delle «più fresche, più amene e anche più frequentate vallate della regione, la Valle d’Intelvi...e ci troviamo tuffati in un mare di verde, verde cupo nelle insenature dei pendii, verde giallastro sulle praterie che s’aprono al sole, verde d’ogni gradazione, d’ogni trasparenza. Il verde forma la caratteristica di questa valle che per San Fedele, per Lanzo, conduce al più azzurro dei laghi: il lago di Lugano».

Le illustrazioni

Descrizioni paesaggistiche, tolte a volte da antiche guide turistiche, notizie storiche e immagini letterarie si alternano nella narrazione senza appesantirla. Impreziosiscono questo numero, ventisette quadri (senza contare una decina di riproduzioni fotografiche) che sono una vera delizia per gli occhi, quasi tutti realizzati per l’occasione da Luigi Rossi e Arturo Ferrari, pittori di discreta fama, riconducibili in parte al naturalismo lombardo. L’immagine di copertina e sei acquerelli: soprattutto paesaggi lacustri, non sempre ben identificabili, dai toni delicati e sfumati e dall’atmosfera romantica, vagamente liberty (“Il battello della mattina”, “Prender l’onda!!”, “Un pomeriggio sul battello”, “Impressioni di mattino-punta di Bellagio”, “Villa Carlotta”) più un pastello (“Luna di miele”), sono creazioni del pittore di origine elvetica, Luigi Rossi. La maggior parte dei quadri è però di Arturo Ferrari, conosciuto come il «pittore della vecchia Milano». Per questo numero natalizio dedicato al lago di Como, ha ritratto alcune zone della città (piazza San Fedele, il Broletto, la Porta della Rana del Duomo, Como da Sant’Agostino), gli scorci più pittoreschi dei paesi lariani (tra cui Torno, Menaggio, Bellagio, la punta di Lenno) e alcune tra le più rinomate ville.

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