La locanda dove il “giallo” è da gustare

Narrativa Lo scrittore giapponese Kashiwai Hisashi propone la seconda parte dei suoi enigmi culinari. Un ex detective diventato cuoco e la figlia si rivelano abili investigatori in un testo di rara finezza psicologica

«Sono qui per un’indagine».

Con queste parole l’interlocutore di turno si presenta ai gestori del ristorante Kamogawa, situato in un vicolo appartato di un quartiere di Kyōto. Il locale è segnalato dalla rivista “Primavera e autunno in cucina”, ma con un breve trafiletto e non è facile da rintracciare anche con delle mappe.

Il ristorante, senza insegna e con poche luci, è gestito da Kamogawa Nagare, un ex detective diventato un cuoco provetto per la sua passione per la cucina e dalla figlia Koishi, trentenne e non sposata. I due sono abili investigatori degli enigmi culinari già protagonisti del romanzo “Le ricette perdute del ristorante Kamogawa” dello scrittore giapponese Kashiwai Hisashi, che, lo scorso anno, ha avuto un ottimo successo di pubblico.

Nagare e Koishi hanno dato il via alla saga “il giallo nell’arte culinaria”. Ora in libreria, dell’estroso e coinvolgente autore, c’è la seconda delle sette puntate dalle quali è stata tratta una serie filmata. Il titolo del romanzo è “Le piccole storie della locanda Kamogawa”, tradotto come il primo da Alessandro Passarella per Einaudi e con le figure di Elisa Menini dei gatti giocherelloni che aprono i sei capitoli con indicate sei ricette tradizionali.

Varia estrazione

I personaggi coinvolti sono di varia estrazione: un campione di nuoto che si allena per le imminenti Olimpiadi e vuole rigustare un piatto preparato dal padre, una giornalista gastronomica che ha un padre che gestisce una tavola calda e che prepara ottimi hamburger, una modella fascinosa e attraente come una star che vuole riassaporare il gusto del dessert dell’ultimo pranzo col padre, un imprenditore che vorrebbe riprovare il piatto servito su una bancarella, una cinquantenne che è una meteora della musica e che ha un debole per le sardine. Tutti sono descritti con cura meticolosa e con finezza psicologica.

Nel racconto dal titolo “Torta di Natale” i coniugi Sakamoto, lei Yoshie e lui Masayuki, che gestiscono una pasticceria, si presentano al Kamogawa dicendo di voler indagare su un dolce natalizio.

La formula

Vengono invitati nell’“ufficio informazioni” dove Koishi pone le domande di rito relative alla loro storia e al piatto da trovare. Masayuki racconta che il loro figlio Kakeru è morto, a soli dieci anni, travolto da un’auto mentre andava a comprare dolci con la sua paghetta. La vecchina della pasticceria alla veglia funebre ha portato una torta di Natale come saluto. I Sakamoto dovranno tornare dopo due settimane per consentire a Nagare di procedere nelle indagini investigative necessarie.

Quando i due ritornano al Kamogawa, Nagare presenta loro una torta di circa 20 centimetri di diametro che è riuscito a preparare in un’intera mattinata di lavoro: pan di Spagna, panna fresca, ricoperta di fragole, con un Babbo Natale in marzapane e con cioccolatini negli spazi vuoti, aromatizzata con succo di pesca. Al momento del taglio i coniugi sono sopraffatti dall’emozione e intendono portarla a casa da offrire davanti all’altare buddista del figlio. Nagare però, oltre alla ricetta, ha preparato un’altra torta per Kakeru. I due provano la torta e dicono: «Ma è squisita!». Alla richiesta del conto la risposta è quella consueta: «a vostro gradimento e in base alla soddisfazione». Il “giallo nell’arte culinaria” di Kashiwai Hisashi è una formula vincente.

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