La parola e il silenzio: addio Basilio Luoni

Scrittore, traduttore, firma de La Provincia, fondatore della Compagnia Lezzenese: è morto sul lago a 83 anni. Il tratto riservato, perfino timido, non nascondeva l’immensa cultura: punto di riferimento per artisti e intellettuali

«Avrei voluto fare ancora qualcosa, qualcosa di più» aveva confidato negli ultimi giorni alle persone più care. E sebbene sia difficile per noi immaginare cosa avrebbe potuto fare “di più”, quale altro contributo avrebbe potuto dare alla cultura un uomo che è stato scrittore, poeta, traduttore, pittore, giornalista (collaboratore e firma prestigiosa de La Provincia), direttore per decenni di una compagnia teatrale e, sopra e in aggiunta a ogni altra cosa, insegnante di scuola media - professione che ha fatto di lui un dono per chiunque abbia avuto la fortuna di essere suo allievo -, dobbiamo pensare che ci sarebbe riuscito.

Sì: Basilio Luoni, scomparso oggi (5 novembre 2024) a 83 anni nella sua Lezzeno, dopo una lunga malattia, circondato dall’affetto dei suoi cari e dei tanti e fedeli amici raccolti nel tempo, fosse stato assecondato nell’ultimo desiderio avrebbe trovato il modo di fare «ancora qualcosa»: di lui erano evidenti le caratteristiche di voracità culturale, capacità di elaborazione, immensa erudizione e umile attaccamento al lavoro intellettuale (occupazione che richiede più pazienza e disciplina di quanto si possa pensare). Tuttavia, in mancanza di questo “di più” che non ha potuto realizzarsi, conviene ora pensare al tanto che resta.

Il teatro, prima di tutto: la Compagnia Lezzenese, fondata nel 1963 nello spirito dei dilettanti della scena ma capace di elevarsi a livelli altissimi: per questa compagnia, Luoni aveva tradotto nel dialetto del lago - ma più specificamente nella parlata lezzenese, che Dante Isella definì forse la più ardua tra quelle che risuonano sul Lario - commedie di Molière, Regnard, Beaumarchais, Aristofane, Plauto, Cechov e Puskin. Molto recente una sua rivisitazione drammatica dell’Odissea: “El Baloss”.

Ai “Misteri” cristiani aveva invece dedicato i testi “El Natal” e “La Pasqua” e non aveva certo potuto trascurare di racchiudere in un vocabolario di quel dialetto che aveva saputo trasformare in lingua universale, viva e quasi primordiale.

L’attenzione

Senza accorgercene siamo così passati alla scrittura, che muovendosi dalle traduzioni per il teatro - in particolare dal francese - ha poi accompagnato Luoni su percorsi vertiginosi e perfino inauditi.

Eppure, ciò che lo rendeva inimitabile non era solo la cultura vasta e profonda, la costanza sul lavoro e la sorprendente tensione intuitiva: piuttosto, era la capacità di esercitare tutto ciò mantenendo un profilo modesto, perfino ritroso, certamente figlio della timidezza. Il suo nascondersi non riusciva però a sottrarlo all’attenzione di importanti personaggi della cultura italiana e internazionale, che ne riconoscevano l’eccezionale statura.

Sergio Ferrero, scrittore raffinatissimo e amico fraterno (tanto da scegliere di trascorrere i suoi ultimi giorni nella sua casa), nel 2006 volle dedicargli uno dei Ritratti d’autore pubblicati da questo giornale. «L’ultima volta che Marguerite Yourcenar venne in Italia - scrisse Ferrero -, gli amici che l’avevano invitata sul lago Maggiore si preoccuparono di avere al pranzo in suo onore Basilio Luoni. Quando fu organizzata una cena per Jean Starobinsky di passaggio a Milano, il padrone di casa ebbe cura di invitare a incontrarlo Basilio Luoni. Quando Mario Praz accettò di passare una lunga vacanza estiva sul lago d’Orta, il suo ospite si assicurò di avere per lo stesso periodo Basilio Luoni».

E così via per una lunga serie di inviti, incontri, collaborazioni prestigiose: tutte con il tratto comune della presenza - discreta ma essenziale - di Basilio Luoni. Ferrero ricordava l’edizione delle “Mille e una notte” per i Classici Rizzoli: Piero Citati nel ruolo di traduttore aveva voluto proprio Luoni. Noi possiamo invece testimoniare di come Franca Squarciapino, celebre costumista, alla cerimonia in ricordo del marito Ezio Frigerio, scenografo tra i più importanti del mondo, tenutasi a un anno dalla scomparsa, aveva insistito perché sul palcoscenico salisse anche lui: il suo intervento, di stupefacente bellezza, venne poco dopo pubblicato in queste pagine.

Il rapporto con Ezio Frigerio rimanda non solo e non tanto a una reciproca stima tra grandi artisti, ma a un duraturo e profondo rapporto di amicizia che legava una speciale cerchia di persone, tutte peraltro vicine a Como, al suo lago e alla Brianza: oltre a Ferrero e Frigerio, da ricordare tra gli altri Gianni Clerici, Gabriella Baracchi, Fulvio Panzeri e Giuseppe Bocelli, magistrato con la passione per la pittura e la scultura, autore delle incisioni che hanno accompagnato tante opere di Luoni. Chissà se i suoi lavori “parteciperanno” anche all’opera alla quale l’amico stava mettendo mano prima di morire: una raccolta completa delle sue poesie in italiano. Nello spirito di fare “ancora qualcosa” cui si accennava all’inizio, negli ultimi giorni Luoni era riuscito ad affidare al devoto nipote, il fotografo Attilio Marasco, il desiderio di veder incluse altre sei liriche.

Dal Lario ai viaggi

Nel suo magnifico ritratto del 2006, Ferrero citava la collaborazione con l’Almanacco Letterario Mondadori e l’articolo «entusiastico» che Testori dedicò sul Corriere della Sera allo spettacolo della Compagnia Lezzenese andato in scena nel cortile di un palazzo storico di Milano (la Compagnia aveva saputo negli anni guadagnarsi palcoscenici prestigiosi, tra cui quello del Sociale di Como); il tutto, come sottolineava Ferrero, mentre Basilio Luoni continuava la «vita di sempre», alla cattedra della sua classe, nella Lezzeno di fronte al lago che amava, ma anche nei viaggi per il mondo tesi a soddisfare la sua curiosità culturale: nei «musei di mezza Europa» che conosceva come le sue tasche, «sui battelli che lo portano da un’isola all’altra, da una all’altra delle zone archeologiche della Grecia di tante sue vacanze».

Una vita piena e ricchissima, suggellata però dal riserbo e perfino da quello che Ferrero chiamò silenzio: «Un silenzio d’oro, gli va riconosciuto» aggiunse.

Oggi che il mondo della cultura ha perduto un simile formidabile personaggio e che il lago di Como, per questa ragione, si è fatto un poco più malinconico - a dispetto della recente popolarità social che certamente Luoni avrà considerato con un qualche sgomento - quel silenzio d’oro risuona assordante. Non c’è più Basilio Luoni il quale, se certamente, come credeva, avrebbe perfino potuto dare “di più”, a noi - e in particolare a noi de La Provincia con i suoi articoli per la sezione culturale e per l’inserto domenicale L’Ordine - intanto ha dato tutto.

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