L’amore su Instagram, tra fumo e specchi

La maggior parte degli adolescenti oggi utilizza i social network per iniziare una nuova relazione. Un modo per non correre rischi e restringere i tempi, attraverso regole non scritte ma che tutti conoscono

C’è stato un tempo in cui si potevano amare le persone. Sembra una frase fatta, eppure non è così.

Tutti almeno una volta nella vita abbiamo chiesto ai nostri genitori come si sono conosciuti. E ogni volta che abbiamo ascoltato quella storia è stato come rivivere davanti agli occhi la meraviglia di quell’incontro, casuale e spensierato. Ci si soffermava sui dettagli, arrestando il racconto per fare domande e sapere sempre qualche particolare in più. Nel frattempo ci si proiettava nel futuro, fantasticando il giorno il cui anche noi avremmo trovato l’amore della nostra vita. Come accadrà? Soprattutto, dove accadrà e quando? Al cinema, in un bar. O forse per strada, insieme a degli amici.

In quei frangenti, ancora non potevamo immaginare che sarebbero state tutte illusioni. Perché oggi un adolescente, ma più in generale qualsiasi under 30 che vuole conoscere e frequentare una persona, non può fare a meno di utilizzare i social.

Strategie

La piattaforma più in voga tra i giovani è Instagram, grazie alla quale è possibile osservare una serie di strategie codificate per dimostrare l’interesse verso qualcuno. Seguire la persona che ci piace (possibilmente, subito dopo averla incontrata dal vivo, ma non è essenziale), mettere qualche like “tattico”, rispondere a una storia, inserirla nella cerchia degli “amici stretti”. Sono queste le regole non scritte, ma che le nuove generazioni conoscono alla perfezione.

Perché le adottano? Per non rischiare. Costa molto meno mettere un like piuttosto che avvicinarsi a una persona e parlarle dal vivo. La prima mossa è comoda, un porto sicuro dove non c’è nulla da perdere. La seconda invece richiede una messa in gioco importante, perché non basta solo trovare il coraggio di conferire con uno sconosciuto, ma serve anche abilità nel cercare di risultare attrattivi. “E chi me lo fa fare di rischiare una figuraccia quando ho a disposizione una scappatoia che può portarmi allo stesso risultato?”.

Questo tipo di approccio nasconde un forte senso di ansia e nervosismo, a volte persino di frustrazione: essendo semplice e accessibile, genera un ritmo frenetico e competitivo, basato sull’immagine, che nulla ha a che fare con lo sviluppo di una conoscenza sana. Non ci si può innamorare delle immagini, ci si può innamorare solo delle persone. Se un uomo sposa una donna che ha una sorella gemella, stando all’immagine dovrebbe essere innamorato di entrambe, e questo non è possibile.

Il punto è che scegliere di apprezzare un’immagine con le stesse modalità con cui apprezzeremmo una persona, è il modo perfetto per cadere nella trappola delle illusioni. Quando osserviamo l’immagine, nella nostra mente si generano una serie di aspettative che non potranno mai sintetizzare la complessità della persona rappresentata. Allora lo scarto tra ciò che pensavamo che fosse e la realtà dei fatti avrà un prezzo carissimo, che trova piena concretezza con l’inizio di un rapporto disorganizzato.

Le fasi di questo legame sono sempre uguali: a un primo periodo di forte eccitazione, si arriva all’ansia per un avvicinamento che non è stato coltivato con cura. Allora si favoriscono atteggiamenti freddi, in attesa che l’altra persona si dichiari esplicitamente. Così inizia un periodo di forte confusione, una sorta di oscillazione tra ossessione totale e indifferenza nei confronti dell’altro. Si finisce quindi con un completo distacco per non essere riusciti a trasmettere nulla di quello che si provava.

Distanze

In tutto questo processo, già di per sé complesso, i social non hanno fatto altro che aumentare le distanze, modificando il modo di fare esperienza, promuovendo un confronto che si basa solo sull’estetica. Non è vero che oggi, con i social, è più facile conoscere un potenziale partner e apprezzarne le caratteristiche.

Un tempo il mondo era il paese, e gli standard di bellezza erano circoscritti a quell’ambiente. Oggi invece non ci sono confini: se allora noto dal vivo una persona carina secondo i miei gusti, non è detto che proverò a costruire un rapporto con lei, perché inconsciamente so che con Instagram potrò trovarne un’altra ancora più carina. Così avrò perso la possibilità di conoscere seriamente quella persona per inseguire un modello che risponde ancor meglio a ciò che mi piace, ma che probabilmente non arriverà. È il meccanismo che consente a Tinder, o a qualsiasi app di incontri, di sopravvivere: l’idea che, se ho pazienza, posso trovare la compagna perfetta. Per questo i giovani soffrono: per la costante creazione di aspettative che prontamente vedono disattese.

Non è colpa dei social, ma dico vengono usati? Falso. La tecnologia non è mai neutrale, e come già diceva McLuhan “Il medium è un messaggio”. Non basta usarla meno o diversamente per aver meno probabilità di soffrire. Il solo fatto di presenziare sui social sarà lesivo, anche per coloro che hanno conosciuto il proprio partner fuori dalla rete. In che modo? Fingiamo di avere una relazione seria, che improvvisamente si interrompe. Se il nostro ormai ex partner ha un profilo social, l’istinto richiamerà naturalmente la curiosità di riguardare le sue foto, le sue avventure, magari anche le sue nuove frequentazioni.

Quel rapporto che abbiamo deciso di chiudere, con i social non sarà mai totalmente chiuso, perché le piattaforme offrono l’occasione di rimanere a indugiare su quei contenuti, non riuscendo a superare mai completamente le ritorsioni di una rottura.

Edonismo

La deformazione del pensiero verso una via edonistica e consumistica ha reso tutto ciò che ci circonda una merce, persino il fatto di crearsi una relazione. In questo modo l’amore rischia di diventare empito di possesso, arbitrio e licenza di mercato.

Oggi molti ragazzi iniziano una relazione non perché spinti dal voler frequentare una determinata persona, perché si sentono bene con lei e riescono ad esprimere meglio sé stessi. La iniziano per assicurarsi il concetto di relazione, l’obbligo sociale che agisce da antidolorifico, che sazia l’ansia di stare da soli. Un modo per sperimentarsi in maniera compulsiva, facendo quello che gli altri fanno, per sentirsi parte del tutto.

È capitato a tutti di sedere a tavola nei tradizionali pranzi natalizi in famiglia e dover rispondere alla fatidica domanda della zia che non vedevi dall’anno prima: ma la fidanzata? In quel momento ci siamo sentiti in difetto, ma la realtà è che non c’è nulla di male a prendersi il proprio tempo per dar vita a un rapporto. La vera relazione, quella destinata a durare nel tempo, è quella che si manifesta quando non la avvertiamo come un’esigenza, una priorità, quando non si riduce a un gioco di fumo e specchi.

Scriveva Bukowski: «Fidanzatevi quando state bene da soli. Quando il partner è arricchimento e non un salvagente. Quando il partner è da scoprire e non da fermare. Quando avete trovato un complice e non un eroe. Fidanzatevi quando amate voi stessi più dell’idea dell’amore».

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