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Cultura e Spettacoli / Como città
Giovedì 06 Febbraio 2025
Maurizio Bertoli: narratore delle pianure
L’analisi del romanzo “I quaderni del Canale” ambientato lungo le rive del cremonese Canale Vacchelli. Terre di acque e di nebbie, luogo dell’anima, condizione esistenziale: il paesaggio e uno sguardo malinconico
“I quaderni del Canale. Epopea breve dei Bartoli”, romanzo d’esordio di Maurizio Bertoli (alle sue spalle una lunga carriera di professore di liceo), accendono nella mia mente di lettore più d’una suggestione.
Il romanzo è ambientato a Bocchi, lungo le rive del cremonese Canale Vacchelli, là dove prende inizio la derivazione dalle acque dell’Adda. Le vicende della famiglia Bartoli sono incardinate attorno alla casa cantoniera assegnata al capostipite, guardiano della Diga cui spetta il controllo della regolarità dei flussi irrigui, essenziali ai coltivi delle campagne circostanti. Il paesaggio è dunque quello della Bassa: una pianura, simile eppur diversa rispetto all’emiliana, da cui è disgiunta dal vasto, spietato Po, segnato su entrambe le sponde da una durezza di vita documentata, già prima del dopoguerra da “Gente del Po”, breve, impressionate, filmato di Michelangelo Antonioni. Vi tornerò tra poco.
Base autobiografica
É un romanzo a base autobiografica: l’autore, giocando sull’apofonia Bartoli/Bertoli diffusa nei cognomi di quel territorio, accarezza con riserbo e pudore una memoria che lo implica personalmente, ‘epopea’ di una famiglia che è (ma anche non è) la sua stessa.
Una condizione sociale, quella dei Bartoli, che condivide in molti aspetti quella contadina, sì che si presta al paragone “L’abbaglio del tempo” di Ermanna Montanari (Milano, La nave di Teseo, 2021), romanzo autobiografico e di formazione incardinato sulla durezza di uomini e cose della campagna romagnola e sulle perduranti strutture di mentalità.
Paesaggio
Anche l’autore de “I quaderni del Canale” si iscrive di diritto fra i “narratori delle pianure”, quali sono riconosciuti dal libro - che reca appunto questo titolo - di Gianni Celati, cui peraltro in un passaggio Bertoli allude di sfuggita.
Narratori delle pianure sono non solo romanzieri, ma anche fotografi, artisti, musicisti, accomunati dalla seduzione del paesaggio piatto, ma tutt’altro che monotono, della Bassa; che per Bertoli, come si disse, è la campagna cremonese mentre per gli autori toccati da Celati, e dopo di lui da Belpoliti, nel suo magnetico “Pianura”, è fondamentalmente l’Emilia-Romagna.
Terre di acque e di nebbie, luogo dell’anima, condizione esistenziale: sì che è in qualche modo vero anche per lui che la pianura è un luogo malinconico e fantastico abitato da esseri misteriosi, che sussurrano col fluire delle rogge.
Pure le vicende dei membri della famiglia Bartoli (Mario, la Gnata, Enoch, Adamo, Noè) sono indiscernibili dai ritmi del canale Vacchelli, che ne hanno scandito le esistenze: Mario, che ferma sulla carta gli appunti sulla vita dei suoi figli, punto di partenza per il narratore-storiografo di queste vite non illustri; la moglie Gnata, saggia reggitrice dei destini e dell’economia della famiglia; Enoch, il selvatico, dalla miracolosa resistenza alla morte; Adamo, che tardi apprende l’uso del linguaggio ma poi lo reinventa; Noè, che insegue negli anni l’immagine di una bambina che ha baciato da piccino, e la ritrova traghettandola in salvo, lei partigiana, negli ultimi giorni della Resistenza.
Anche della voce dell’io narrante si può dire che il timbro consista in un fluire: mentale, poco ostentatamente onnisciente, senz’altro colto e perciò capace di distanziamento dalla materia umana, in un affiorare di citazioni interlineari di scrittori cari e assiduamente frequentati: un pacato scorrere delle parole che rappresenta il punto di più visibile tangenza con l’autore, poiché il narratore è anch’egli insegnante, e si scoprirà, suo malgrado, memorialista della vicenda umana della famiglia Bartoli, poiché uscito traumaticamente dalla professione a seguito di un trapianto d’organi che lo legherà per sempre a quella stirpe.
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