Cultura e Spettacoli / Como città
Sabato 06 Aprile 2024
Olga Bini: «Violenza in famiglia, parliamone a teatro»
Intervista L’attrice ha ideato e interpreta la pièce “A occhi aperti”: questa sera e domani alla Piccola Accademia di Como
È un debutto importante, atteso a lungo e dedicato ad un tema difficile e poco frequentato, quello dello spettacolo teatrale “A occhi aperti”, che va in scena stasera - sabato 6 aprile - alle 21 e domani alle 18, nella sede della Piccola Accademia, in via Castellini, 7 a Como.
La pièce, realizzata con il contributo della Fondazione Provinciale della Comunità Comasca onlus, è nata da un’idea di Olga Bini, che ne è anche interprete, insieme a Salvatore Alfano. La regia è firmata da Valeria Fornoni, e scene sono di Maddalena Oriani e il sound design è di Maurizio Berta. La produzione è di TeatroGruppo Popolare.
Le due repliche di stasera e domani hanno già registrato il sold out, ma nel mese di maggio, sono in previsione altre cinque repliche, di cui tre serali, il 3 maggio, alla Piccola Accademia, il 5 maggio al Centro Medioevo di Olgiate Comasco e il 17 maggio, nella sede dell’associazione Lo Snodo, di Erba. Ci sarà dunque ancora occasione per assistere allo spettacolo. Le info sono disponibili sul sito www.teatrogruppopopolare.it. Per avere qualche anticipazione di questa prova di palcoscenico che vuole indagare il tema, difficile, dell’abuso minorile, ma parlare anche di aiuto alle vittime, dialoghiamo con Olga Bini, autrice e interprete.
Olga, finalmente lei riesce a coronare il sogno di portare in scena questo spettacolo…
È un progetto che ha richiesto più di due anni di lavoro. La spinta per iniziare mi era arrivata durante il lockdown. Stavo seguendo un corso di regia online tenuto da Serena Sinigaglia e avevo riflettuto a lungo sulla problematica delle violenze domestiche, aggravatesi a causa del confinamento in casa di quei mesi. Nacque così l’idea di esplorare questa tematica, difficile, tanto da non essere molto trattata né in letteratura, né al cinema. Serena mi incoraggiò a proseguire e cominciai a scrivere del materiale. Quel testo è poi stato rielaborato molte volte e anche nelle ultime settimane di prove, con la consulenza di Bruna Bonanno. Ora, finalmente, siamo pronti per quello che abbiamo definito “spettacolo teatrale per l’affettività sana tra ragazzi e tra ragazzi e adulti”.
Il sottotitolo è una dichiarazione di intenti?
Sì, siamo profondamente convinti che, di fronte a problematiche gravi come queste, sia necessario spezzare il muro di omertà, fortissima, che si crea spesso nelle famiglie. Bisogna parlarne, denunciare, infrangere i tabù e indurre le vittime a liberarsi da queste prigioni, prima che sia tardi. Non a caso, “A occhi aperti” è pensato per gli adulti ma anche per i ragazzi dai 15 anni in su e per gli educatori, che possano cogliere i segnali.
Cosa racconta lo spettacolo?
Va in scena la storia di una donna che, dopo moltissimi anni, ritorna nella sua terra d’origine, l’Islanda. Abbiamo scelto quell’isola perché è una terra che sorge sulla “cicatrice del mondo”, una terra di ghiaccio e vulcani. Non a caso, il brontolio di un cratere che sta per eruttare accompagnerà tutta la messinscena. La donna incontra un amico d’infanzia, Ollie e dialogando con lui ripercorre il passato, in cui si cela il segreto di una violenza ripetuta da parte di un membro della famiglia. Il ricordo riporta a galla la sensazione di abbandono e di impotenza, di fronte all’abuso, ma anche di fronte alla cecità, apparente, di chi avrebbe dovuto proteggere la bambina ma non ha voluto o potuto farlo.
Una storia triste…
Certo e non così rara purtroppo. Lo spettacolo tratta il tema con tatto ma, come ho detto, con l’intento di far riflettere lo spettatore. Non a caso, sia stasera che domani, per chi vorrà, dopo lo spettacolo ci sarà un momento di riflessione, guidato da esperti che potranno rispondere alle domande degli spettatori sul tema. È importante capire che, una volta interpretati con chiarezza i segnali, spesso più fisici che verbali, lanciati dalle vittime, si può e si deve intervenire per evitare sofferenze ancora peggiori. Il teatro deve compiere questo ruolo civile, per dare un contributo sociale concreto.
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