Samuele Bersani: «Io e l’orchestra cercando la magia»

Intervista Il suo concerto chiuderà stasera LeSerre Music & Comedy Festival a Villa Erba di Cernobbio

Nell’Olimpo degli artisti che hanno fatto la storia della musica in Italia, quelli a cui si guarda con rispetto e ammirazione, capita spesso che, dopo anni di luminosa e prolifica carriera, qualcuno tenda a restare, quando si tratta di confrontarsi dal vivo col proprio pubblico, all’interno di una sorta di “confort zone”, con quei brani suonati e cantati così, come i fans li hanno amati e imparati, come si aspettano di sentirli, perché il cuore batte sempre forte, davanti a qualcosa che si conosce bene.

C’è, però, anche chi, dopo più di trent’anni macinati a comporre, suonare, far emozionare, condividere, raccontare, stupire, racimolare successi e consensi in ogni dove, ad un certo punto decida di prendere un paio di generose manciate di canzoni e lavorarci su con gli archi e gli ottoni dell’Ensemble Symphony Orchestra, diretta dal maestro Giacomo Loprieno, proponendole al proprio pubblico in un tour teatrale inaspettato e coraggioso, un tour che, ovunque, registra sold out, entusiasmo e applausi a scena aperta. Questo, il regalo che Samuele Bersani ha deciso di dedicare a chi lo ama da sempre, questo, il regalo che il cantautore romagnolo farà anche a tutti coloro che, questa sera (domenica 28 luglio) dalle 21,30, affolleranno la platea de LeSerre Music & Comedy Festival di Villa Erba, per l’ultimo atto di una rassegna sorprendente, organizzata e prodotto da MyNina, in partnership con Villa Erba, con il contributo del Comune di Cernobbio e di Regione Lombardia e in collaborazione con Shining Production.

Samuele, com’è stato lavorare a fianco di un’orchestra?

Prima di incontrare fisicamente gli orchestrali, ho lavorato sui brani con alcuni arrangiatori, perché volevo che nelle canzoni la presenza dell’orchestra non fosse un elemento di pesantezza, ma creasse una magia. Molte cose sono state riscritte in un modo diverso perché, dopo tanti anni, sentivo che in alcuni brani avevo la necessità di trovare suoni e atmosfere nuove. Quello con l’orchestra è stato un lavoro lungo e complesso, ma io mi accorgo subito quando mi trovo ad avere a che fare con qualcuno che vive l’esperienza davvero insieme a me, e da qui è nato un legame fortissimo.

Come ha reagito il t pubblico a questa nuova versione dei brani?

La parola che più mi è stata scritta e riferita, nei giorni successivi ai concerti, è stata “magia”. Per me questa cosa è motivo di commozione, la più grande gioia che mi possano regalare, perché anche io vivo questa “magia” ogni volta. Il suono dell’orchestra oggi lo considero “eversivo”, non arriva tanto alle orecchie della gente, e vedere attendermi alla fine dello spettacolo persone quasi stralunate per la felicità di aver sentito le mie canzoni con quel tipo di suono è per me una grande soddisfazione.

Prima di questo, aveva messo in conto che questa “rivoluzione” di suoni e arrangiamenti potesse non piacere?

Certamente, ma sono convinto che fino a quando, in qualunque lavoro, uno fa le cose che piacciono prima di tutto a sé stesso, ne è soddisfatto e sa di averci messo tutto l’impegno possibile, dall’altra parte tutto questo arriva. Ho lavorato con persone che ci hanno creduto quanto me, compresi i miei musicisti storici, che in questo tour ho visto suonare con un entusiasmo che non hanno mai avuto. Noi non abbiamo sequenze preregistrate, ogni spettacolo è diverso dall’altro, e questo accade solo quando tutto è “umano”. Così, è meno semplice, ma di sicuro più divertente.

Nei suoi testi e nei tuoi live è sempre presente una vena ironico-umoristica. Alleggerimento o mascheramento di una sofferenza?

Entrambe le cose, credo. Sono autoironico da sempre, conosco le mie debolezze e le mie fragilità e non le nascondo. Se durante un concerto mi sale il magone, non mi nascondo. Delle volte, penso che dovrei parlare di meno e fare una canzone in più, ma delle volte sento proprio l’esigenza di mettere delle “frecce” che possano far capire a chi mi ascolta il brano che sto per fare.

I suoi brani raccontano spesso storie ricche di immagini. Ha mai pensato di tradurne qualcuno in fumetti o illustrazioni?

Non ci ho mai pensato, ma effettivamente molte canzoni potrebbero essere tradotte in tavole. Il mio primo brano, “Il Mostro”, si adatterebbe benissimo ad un’operazione di questo tipo.

Dove e come nasce una canzone di Samuele Bersani?

Le migliori cose le ho scritte su fogli di carta, perché ho l’impressione che quando le cose escono dalle mani il processo creativo sia differente. Avevo un tavolo, in cucina, nella mia vecchia casa, sul quale ho scritto tantissimo, ma il mio posto preferito resta sempre il treno.

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