Taylor Swift, regina di un castello di storie

Costume Le ragioni di un successo difficile da inquadrare risiedono nella semplicità di un bisogno comune a molti. Quello che la storia di ciascuno diventi degna di essere raccontata, non importa quanto banale o scontata sembri

L’autore de La Bussola d’Oro, romanzo per ragazzi che più adulti di quanti sono disposti ad ammetterlo hanno amato, ha detto una volta che «dopo il cibo, il riparo e una buona compagnia, le storie sono la cosa di cui abbiamo più bisogno». E poi, in quella stessa occasione, Philip Pullman aggiunse: «Non ci servono liste di cosa sia giusto o di cosa sia sbagliato: abbiamo bisogno di libri, tempo e silenzio. “Non devi” è presto dimenticato, “c’era una volta” è per sempre». Una formula che Taylor Swift ha scoperto e fatto sua, per poi fondare su questo - il valore inequivocabile di una buona storia - un impero musicale ed economico del valore di più di un miliardo di dollari, vent’anni di carriera, 14 Grammy, 144 milioni di copie di album vendute, 11 album in studio e quattro registrati nuovamente. Impero le cui propaggini arrivano fino all’Italia, dove la cantautrice si esibirà sabato 13 e domenica 14 luglio, a San Siro, in due date andatea ruba già un anno fa, nel giro di poche ore.

Lo ha scritto in altre parole sul New Yorker Sinéad O’Sullivan recensendo l’ultimo album della cantautrice americana, “The Tortured Poets Department”: Taylor Swift ha smesso di vendere solo musica molti anni fa. Non è una sorpresa quindi che il suo successo sorprenda. Non se lo si giudica solo in base all’epicità delle sue canzoni, che di epico in effetti non hanno proprio nulla. Anzi, è la loro estrema semplicità a conquistare e il principio vale sin dal suo album di debutto, che porta il suo nome, uscito nel 2006, quando la Swift cantava di un ragazzo che l’aveva fatta innamorare nei corridoi di scuola senza ricambiare i suoi sentimenti, portandola a versare lacrime sulla chitarra (“Teardrops on my guitar”). Niente di eccezionale, insomma, ma qualcosa che potrebbe essere capitato a chiunque, unico e comune allo stesso tempo.

Un pezzo alla volta

A essere epico, nel caso di Taylor Swift, è il castello narrativo costruito in ormai un ventennio di carriera, un pezzo alla volta e usando una vecchia ricetta destinata a non morire mai: tutto fa brodo. Ma proprio tutto.

Non è un caso che in una canzone dell’album 1989 (il suo anno di nascita), per molti fan diventata un inno capace di descrivere un’intera generazione, Swift scrive: «Potrei costruire un castello con tutti i mattoni che mi hanno gettato addosso». Retorica, irragionevolmente arrabbiata e quasi infantile? Certo, ma non lo siamo forse tutti quando scriviamo sulle pagine di un diario? Swift lo fa senza vergogna per un pubblico di più di 500 milioni di fan in tutto il mondo, da sempre. Nel suo castello di carte ogni cosa, dalle storie d’amore adolescenziali alle opinioni dei critici più aspri (come quello cui fa riferimento quando in “Mean” canta «riesco a vederti ad anni di distanza in un bar, mentre parli guardando una partita di football, ubriaco e blaterando del fatto che non so cantare... ma tutto ciò che sei è cattivo». Mean, appunto) è utile per raccontarsi.

Ogni filo

Ogni filo si collega agli altri in un universo che travalica i singoli albume e che le swiftie (il nome con cui vengono indicate le sue fan) sanno di dover esplorare con attenzione e impegno già da molti anni. Da quando, per esempio, nei booklet che accompagnavano gli album Fearless e Speak Now - rispettivamente seconda e terza produzione discografica della Swift, nel 2008 e nel 2010 - alcune lettere, sparse tra i testi delle canzoni, erano scritte a caratteri più grandi delle altre per formare frasi che, una volta composte, rappresentavano messaggi segreti destinati dalla cantante alle fan più appassionate. Nell’era dell’on-life, in cui gli spazi del web e la loro profondità resa possibile dall’affastellarsi di link consentono rimandi continui, si parla di “easter egg” (“uovo di Pasqua”) ovvero informazioni nascoste intenzionalmente in altre informazioni, come accade nei videogiochi, nelle serie tv e in alcuni libri. Sorprese che possono essere sbloccate solo da chi le cerca e conosce alla perfezione il contesto in cui sono inserite.

Non è solo questione di sapere i dettagli della vita sentimentale di Swift, che comunque, come ogni autrice di diari segreti che si rispetti, costituisce un’alta percentuale dei temi di cui la cantante si occupa. Nell’universo Taylor infatti ricorrono riferimenti a momenti iconici della storia della cantante, come la lunga diatriba con Kanye West e o quella con l’ex produttore Scooter Braun, ma anche riferimenti letterari, musicali e di cultura pop che si intrecciano ed echeggiano da un album all’altro, in storie incastrate l’una nell’altra, delle quali è sempre più difficile, ma non impossibile (altrimenti il gioco dove starebbe?), tracciare i confini. Storie in cui Swift è sia protagonista che specchio. In cui cioè ogni fan può riflettersi e nutrirsi di quella narrazione che ha fatto la fortuna della cantautrice e la felicità di molte ragazze, 18 anni fa come oggi, che in lei hanno trovato qualcuno capace di rubare le pagine dei loro diari segreti e metterle in musica.

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