Amore e potere in “Turandot”, tragedia corale che convince

Recensione La lettura “maoista” del capolavoro di Puccini in Arena è piaciuta: stasera e lunedì repliche

Ambiziosa, interessante, creativa. Questi tre aggettivi possono definire, almeno in parte, la messinscena di “Turandot”, melodramma pucciniano andato in scena giovedì, nell’Arena del Teatro Sociale di Como, per la Prima del Festival Como Città della Musica.

Lo spettacolo, in cartellone anche stasera e lunedì, sempre alle 21.30, ha riscosso gli applausi del folto pubblico che riempiva lo spazio all’aperto, in una serata finalmente libera dalla minaccia di pioggia. Molti gli elementi di interesse. In primis, è forte il segno impresso dalla regista argentina Valentina Carrasco che ha trasformato la fiaba d’amore, in una tragedia di potere. Un’operazione non gratuita che parte dalla versione lasciata incompiuta da Puccini, prima dell’happy end convenzionale.

Liù eroina libertaria

Così, la fredda crudeltà di Turandot (di cui affascina la temibile determinazione) non subisce poco credibili trasformazioni e il conflitto centrale non è quello tra la principessa e Calaf, ma l’antitesi tra la tiranna Turandot e la dolce Liù. Costei non è più solo vittima del sacrificio d’amore, ma eroina libertaria del popolo di Pechino che la porterà a spalla, in un dolente e suggestivo corteo funebre, nel finale di massa.

Ecco spiegato lo slittamento temporale dello spettacolo, non più ambientato in un Oriente vagheggiato e favoloso, ma in un regime che allude al periodo maoista, tra uniformi in grigio-verde, bandiere e libretti rossi, parate militari e violenza enfatizzata. Bello lo spazio scenico, realizzato da Mauro Tinti, con una grande piattaforma centrale, culminante in una irta ma scenografica scalinata, collegata al balcone posteriore del Sociale, che dava respiro all’azione e avvicinava il pubblico ai cantanti e al coro.

Grazie ai sempre numerosi e generosi coristi del progetto 200.Com, veri protagonisti dell’opera partecipata, lo spettacolo ha potuto contare su scene davvero corali. Per il folto gruppo di amatori, prestati alla lirica, la prova molto importante in Turandot, ha rappresentato una sfida molto ambiziosa. Si registrano momenti meno convincenti soprattutto nel primo atto, quando il coro ha un ruolo di primissimo piano.

Prova superata per il cast

Un po’ di fatica, unita all’emozione, ha creato qualche problema iniziale, superato poi nel secondo e terzo atto, anche grazie all’appassionata direzione di Massimo Fiocchi Malaspina. Bella la prova del cast con l’Orchestra 1813 diretta da Jacopo Brusa e i cantanti. Notevole il successo riscosso dal terzetto composto da Junyeok Park, Lorenzo Martelli e Raffaele Feo, i tre ministri Ping, Pong e Pang. Molto applauditi anche Davide Capitanio che era Altoum, Alessia Merepeza, un’appassionata Liù, Baopeng Wang alias Timur. Il tenore Max Jota, nei panni dell’eroe Calaf, ha affascinato con la celebre aria “Nessun dorma”. Infine prova convincente anche per la protagonista Hanying Tso, soprano cinese che ha saputo calarsi nella complessità di Turandot, spietata ma anche fragile. Per info sulle repliche di stasera e lunedì, www.teatrosocialecomo.it e 031/270170.

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