Un “nuovo inizio”: il tempo prezioso della terza età

Novità Uno stralcio dall’ultimo libro, in uscita oggi, del Cardinale Angelo Scola sul tema della vecchiaia. Papa Francesco ne aveva scritto la prefazione

«Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: “Il vecchio è migliore”» (Lc 5,39). Questo versetto del Vangelo di Luca può efficacemente sintetizzare il giudizio di san Benedetto sui “seniores”, i monaci più maturi e autorevoli. Per lui, infatti, il monaco ideale, la figura compiuta, non è il giovane, ma l’anziano. Il latino “senior” della Regola benedettina non corrisponde all’italiano attuale “vecchio” e non ne possiede la valenza negativa. Neppure è anzitutto connotato cronologicamente. San Gregorio Magno, nel II Libro dei suoi “Dialoghi”, parla di san Benedetto come di «un uomo che fin da ragazzo aveva il cuore di un vecchio».

Maturità umana

Al senior/anziano viene riconosciuto il plus-valore di una raggiunta maturità umana. Nel monastero autentico paradigma della vita di tutti – gli anziani sono persone capaci di accompagnare le nuove generazioni nel loro cammino di maturazione. Come dice la Bibbia, «nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno verdi e rigogliosi» (Sal 92,15). E ancora: il giusto, come Abramo e gli altri Patriarchi amici di Dio, muore «sazio di giorni» (Gen 25,8), dopo «una vecchiaia felice» (Gen 15,15), cosciente che «il loro nome vive per sempre» (Sir 44,14).

È in questa prospettiva che io sono solito richiamare il posto centrale dei nonni nell’educazione dei bambini, soprattutto quando si tratta di introdurli al senso della vita nei suoi aspetti più positivi (maturità dell’amore, senso della tradizione e della storia) e nei suoi aspetti più dolorosi, come la fatica, la malattia, la morte.

La nostra fede, nei suoi due Misteri fondamentali – unità e trinità di Dio e incarnazione, passione, morte e resurrezione di Gesù – si mostra capace di abbracciare la realtà in tutta la sua ampiezza e complessità. E nella verifica che l’esistenza giorno dopo giorno ci chiede, coloro che hanno più anni sulle spalle possiedono maggior possibilità di spiegarne e ancor più di documentarne la convenienza. Di qui la mia insistenza sulla “competenza” educativa dei nonni. Anche Papa Francesco in più occasioni ha sottolineato questo valore prezioso: «I nonni sono la saggezza, sono la memoria di un popolo, la memoria delle famiglie! E i nonni devono trasmettere questa memoria ai nipotini. I giovani e i bambini devono parlare con i nonni per portare avanti la storia». Dobbiamo riconoscere che il binomio vecchiaia-saggezza, con il conseguente benefico influsso educativo nei confronti delle nuove generazioni, è sempre emerso, almeno fino a qualche decennio fa, come una costante riscontrabile in tutte le culture. Basti ricordare il “Cato Maior de senectute” del 44 a.C. di Marco Tullio Cicerone dove si elogia «la vecchiezza salda sui fondamenti posti nella giovinezza» e si esaltano i vantaggi che la Terza età può recare: «Le armi migliori dell’età senile sono la cultura e l’esercizio delle virtù: se le hai coltivate in ogni momento della tua vita, quando tu abbia avuto una vita lunga e intensa, esse portano meravigliosi frutti, non solo perché non ti abbandonano mai, neppure nell’ultimo stadio della tua vita – e già questo è di enorme importanza – ma anche perché la coscienza d’aver vissuto bene e il ricordo dei molti benefici resi sono fonte di grandissima gioia».

Queste parole mi sono venute in mente nel corso di un viaggio che ho compiuto nel maggio del 2016 nel Maramureş, una regione nel nord della Romania, incontrando gli anziani dei villaggi rurali dove si conservano non solo le tradizioni ma anche i modi di lavorare di un tempo. Mi sono rimasti impressi i volti seri e solcati dalle rughe di quei vecchi contadini, che esprimevano non decrepita decadenza bensì grande dignità, oserei dire un senso di sacralità che emanava naturale autorevolezza.

Qualcosa di simile quelli della mia generazione l’hanno vista nei loro nonni, per lo più analfabeti, che spesso vivevano nelle case della nostra infanzia e che noi bambini guardavamo con rispetto, quasi con timore. E questo perché si percepiva che la vecchiaia era come un abito indossato con fierezza e non qualcosa di cui tacitamente vergognarsi. Quest’idea dell’anziano che testimonia una virtù ancora operosa l’ho ritrovata in una bellissima fotografia di Dario Ballabio (un artista-artigiano secondo cui «l’immagine non è l’obiettivo finale, l’esperienza lo è») che ritrae un vecchio pescatore intento a ricucire una rete. Il lettore ha ben presente quest’immagine, che è stata scelta per la copertina di questo testo.

Ridare utilità

Ecco, l’anziano è colui che sa riparare, rimettere insieme, ridare utilità, in un mondo che vuole freneticamente innovare e quindi buttare via senza conservare nulla. E questo ci pone in una prospettiva di serena compiutezza che per il cristiano coincide con il presentarsi “al cospetto di Dio” e che ogni uomo non può non perseguire, al di là della sua capacità o meno di raggiungerla. Da questo punto di vista la vecchiaia è un privilegio, come ha detto una volta san Giovanni Paolo II: «L’ingresso nella Terza età è da considerarsi un privilegio: non solo perché non tutti hanno la fortuna di raggiungere questo traguardo, ma anche e soprattutto perché questo è il periodo delle possibilità concrete di riconsiderare meglio il passato, di conoscere e di vivere più profondamente il mistero pasquale, di divenire esempio nella Chiesa a tutto il popolo di Dio».

Nella vecchiaia, infatti, il senso della vita si dipana in tutti i suoi aspetti, la pluralità di significati che abbiamo sperimentato nelle varie età trova una sua sintesi e ci consente di cogliere appieno quel che la vita è. La vecchiaia è davvero un privilegio perché ci dà la possibilità di vedere nel loro reale significato e quindi di intraprendere (anche se la parola può sembrare strana a questa età) tutto ciò che la vita continua a offrirci nei diversi ambiti, negli affetti, nelle amicizie, nei giudizi sulla realtà, nello sguardo sul mondo. Oso dirlo, ben cosciente che oggi affermare la positività della vecchiaia più che scandalo rischia di suscitare derisione, proprio come capita spesso agli anziani.

Per gentile concessione della Libreria Editrice Vaticana possiamo proporvi uno stralcio del libro “Nell’attesa di un nuovo inizio. Riflessioni sulla vecchiaia” (pagine 80, euro 10) scritto dal cardinale Angelo Scola. Sarà disponibile nella librerie di tutta Italia da giovedì 24 aprile.

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