Vortice, ossia l’inconscio di Munch

Milano A Palazzo Reale l’esposizione dedicata al pittore norvegese, protagonista assoluto dell’arte moderna Cento opere prestate dal museo di Oslo per conoscere “il grido interiore” che ha caratterizzato la sua vita

Se c’è un pittore nella storia dell’arte la cui vita è intimamente legata alla sua arte è Edvard Munch E questa sua particolarità l’ha reso molto vicino al pubblico. Ciò che però non sempre viene compresa è l’ampiezza della sua visione e la dimensione storica collettiva dei sentimenti che esprime.

Munch è un artista partecipe della società in cui vive e nella sua opera rispecchia il clima di un’epoca. La crisi della società di fine Ottocento, la caduta delle certezze religiose e sociali, che fino a quel momento avevano sostenuto l’uomo e la sua conoscenza del mondo, si riflette nell’inquietudine dei suoi capolavori; e tra tutti nell’“Urlo”, con cui generalmente Munch si identifica.

Nato per morire

Questa immagine prepotente descrive con ferocia il suo autoritratto e una consapevolezza, che è poi quella di ogni uomo, di essere nato per morire. Il suo volto si trasforma in un teschio e attorno a lui, rimasto isolato dagli amici, il paesaggio si contorce e si infiamma nelle fluide pennellate dai colori rossi, gialli, ocra. L’uomo è solo davanti alla morte. Questo ciò che il dipinto racconta. E questa è l’unica certezza che possiede.

La mostra di Palazzo Reale a Milano presenta una rara versione litografica (1895) di questo grande capolavoro, accompagnata da altre opere che affrontano lo stesso tema, che è centrale nella vita del pittore: “Disperazione”, in cui il volto dell’artista non è ancora trasformato in teschio e “Angoscia”, con l’immagine del viale Karl Johan di Kristiania popolato da persone isolate nella propria solitudine. Questo capolavoro, che potrebbe sembrare il fulcro della mostra, non è in realtà che una tappa del percorso espositivo curato dal Patricia Berman, che getta lo sguardo sull’intera attività di questo grande pittore, con opere importanti e centrali nella sua produzione provenienti dal Museo di Oslo.

La scienza alla fine del secolo XIX ha reso consapevole l’uomo della sua piccolezza difronte alla natura, le malattie - di cui sono tra l’altro vittima alcuni componenti della famiglia di Munch (la madre e la sorella innanzitutto) e lui stesso - favoriscono la nascita di un clima culturale incline al simbolismo e al decadentismo. I letterati e gli artisti fanno emergere la dimensione dell’inconscio, di cui si ha ora pieno riconoscimento grazie agli studi di Freud e dei suoi allievi. Questa dimensione, pur non visibile, è tanto reale quanto la materia di cui è fatto il corpo e influisce profondamente sulla conoscenza del reale.

In “Visione”, ad esempio, una delle opere in mostra che l’artista stesso considera importantissima, Munch esplora proprio tale dimensione: dipinge una testa con gli occhi chiusi che affiora dall’acqua mentre intorno fluttuano un cigno e il suo riflesso: l’inconscio, rappresentato dall’acqua, prende quindi il posto della vista.

Amici e famiglia

Tra i temi dalla mostra ci sono anche le amicizie e la sua famiglia, con il ritratto della sorella Laura (“Malinconia”) affetta da problemi psicologici, della madre che assiste la sorella malata e gli artisti e del circolo di intellettuali bohémien guidati dallo scrittore anarchico Hans Joeger.

Un altro tema portante della pittura di Munch, che si intreccia inevitabilmente con quello della caducità dell’esistenza, è quello dell’amore, turbato dalla paura dell’abbandono e della perdita. Anche in questo caso la vicenda personale prende corpo attraverso le sue opere. Abbandonato dall’unica donna che avrebbe voluto sposare Tulla Larsen, il pittore descrive con amarezza la loro separazione dividendo addirittura in due un loro doppio ritratto o ritraendola come Carlotta Cordey, l’assassina di Marat.

L’amore e l’erotismo è trattato con accenti macabri in “Madonna”, altro capolavoro che l’artista replica più volte in pittura e nelle grafiche, in cui compaiono addirittura spermatozoi e feti. Tra le opere dell’ultimo periodo dell’artista, quando i suoi colori si rendono più vivaci, vi è un altro capolavoro tra quelli esposti, “Le ragazze sul ponte” (1927) una tela solo apparentemente serena. La morte incombe anche qui sottoforma di un’ombra scura che si proietta nell’acqua alle loro spalle. La natura, di cui l’uomo non è che un elemento, ricorda continuamente all’uomo la sua precarietà.

Munch. Il grido interiore, Palazzo Reale Milano, fino al 26 gennaio 2025.

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