Diogene / Como cintura
Martedì 21 Gennaio 2025
Badiali, l’arte antifascista che restituiva la libertà
Giorno della memoria Il ricordo di un’artista il cui talento aiutò molte famiglie di ebrei e di oppositori. Dai tessuti ai documenti perfettamente falsificati
Carla Badiali, pittrice, nella sua vita si è dedicata principalmente alla realizzazione di stoffe e tessuti per le principali imprese seriche comasche, un’attività che derivava dai suoi studi, svolti in quello che, all’epoca, si chiamava ancora Regio Istituto Nazionale di Setificio. Proprio in quella scuola conobbe Manlio Rho, che fu suo professore, e che la introdusse all’astrattismo: oggi è ricordata come un’esponente di punta del movimento, con numerose esposizioni e mostre a partire dalla prima, quella che si svolse nel 1936 a Villa Olmo.
Carla vide in nuce quali potevano essere le storture di quel movimento
Nata a Novedrate nel 1907, si è spenta a Como , il 7 febbraio 1992: tra le case di moda che si sono avvalse della sua creatività si contano Chanel, Dior e Givenchy. E questo è quanto si può leggere dell’artista su qualsiasi biografia disponibile. Ma non è per questo che parliamo di lei oggi, senza nulla levare al valore della sua attività artistica. È un’altra Carla, quella che emerge da “Primordiale bellezza”, il romanzo biografico che Lucia Valcepina, scrittrice, autrice e performer, ha pubblicato per la collana “Docu” di Dominioni Editore.
Arte e resistenza civile
«L’esistenza di Carla Badiali intreccia questioni cruciali per il Novecento – scrive – snodi liminali tra adattamento e rivoluzione, tradizione e modernità. Nel percorso della protagonista, i temi del lavoro, dell’arte e della Resistenza civile si contaminano pur mantenendo una propria autonomia, testimoniando la mite e ostinata coerenza di una donna in grado di conciliare necessità e idealità, al punto da osare l’inconfessabile e mettere a rischio la propria vita».
In una prima fase una generazione di artisti appoggiò il nuovo regime
Un’ostilità al regime che è immediata, subitanea, dai primi albori del fascismo. «Ebbe la capacità di vedere in nuce quali potevano essere le storture di quello che, inizialmente, si proponeva come un movimento politico moderno, forte di grandi promesse», spiega Valcepina. Promesse che, sulle prime, suscitarono l’adesione entusiasta anche di numerosi amici che vedevano in quell’esperienza una diretta prosecuzione dell’impeto futurista. «Una generazione di artisti appoggiò il regime in una prima fase – precisa l’autrice – per poi rimanere delusi quando ne videro negati i presupposti. Carla, invece, fu subito indignata». Un sentimento che si manifestò pienamente a partire dal 16 agosto del 1924, giorno del ritrovamento del cadavere di Matteotti. Il padre della pittrice, a sua volta antifascista, portò in casa la notizia esternando profondo disgusto, ma anche un’aspettativa legittima: quell’evento, sperava, avrebbe portato alla caduta di Mussolini. Invece, quando il duce dichiarò di assumersi «la responsabilità politica, morale e storica», ma non penale, del crimine, invocando «la passione superba della gioventù italiana», ogni speranza fu perduta.
Carla, in cuor suo, anche se non ne poteva parlare, covava «un ribrezzo attivo nei confronti delle divise, degli sguardi biechi, delle urla e di quei discorsi che da Palazzo Venezia inebriavano le folle, senza che nessuno avesse il coraggio di replicare». E il fascismo, va ricordato, era ovunque: non era solo un fatto politico: permeava l’esistenza degli italiani, con effigi, opere architettoniche, grandi scritte inneggianti al capo supremo. Anche l’arte doveva confrontarsi, anzi, assoggettarsi, così come tutto il resto. «Era una donna che doveva confrontarsi con il mondo del lavoro in un’epoca come quella, in un momento in cui si realizzavano opere celebrative, in modo sempre più diretto. Lei no, lei non lo fece mai, era disgustata». Intanto gli anni passavano e vivere sotto una dittatura era la quotidianità, una quotidianità che si inaspriva giorno dopo giorno con il susseguirsi di leggi e azioni sempre più estreme: arresti, deportazioni, azioni di forza fino alla promulgazione delle leggi razziali che condannavano gli ebrei a essere cittadini (se non proprio esseri umani) di un’altra categoria, sicuramente inferiore. Per Carla, legata sentimentalmente a Sandro Nahmias, un’ennesima occasione di disgusto. Ma anche uno sprone per passare all’azione. Ogni antifascista contribuiva per quanto poteva e lei era un’artista.
L’arresto e San Vittore
«Fu l’amica Ginevra Bedetti Masciadri a chiederle di falsificare una carta di identità, per aiutare una famiglia a passare il confine. Solo il primo di tanti documenti realizzati da Carla, un’attività che si sostituì a quella lavorativa – non aveva più senso in quel momento proseguire l’attività dello studio, tanto più durante la guerra, quando il lavoro scarseggiava – e che la portò a diventare un elemento fondamentale, capace di ingannare chiunque, con quelle opere, per certi versi sempre artistiche e realizzate con certosina attenzione conferendo anche una patina di antico, un tocco in più che faceva sembrare quei documenti, appena creati, vecchi e di anni e, per questo, ancora più credibili». Intanto Nahmias, adottando definitivamente il cognome Nardini, che già usava per nascondere le radici ebraiche, assunse il comando delle formazioni di Giustizia e Libertà. Attività che provocarono l’arresto dell’uomo, deportato poi a Mauthausen, di Carla, che si ritrovò a San Vittore, con l’amica Lisetta (fidanzata di Foa), impegnandosi a resistere alle minacce, alle torture, attenta a non rivelare nomi, a non compromettere la rete che si era creata.
La vita di Carla Badiali è stata lunga, ma il ventennio, la guerra, la Resistenza, quel periodo non è stata una semplice parentesi, ma il fondamento di un’esistenza: il ritorno alla “normalità” non fu semplice, il ritrovarsi con Sandro, duramente provato dalla prigionia, fu altrettanto difficile: il Paese doveva ricostruirsi, Carla doveva ricostruire la sua famiglia. Non ne parlò molto, poche le sue interviste e l’attenzione attorno a lei è sempre stata appannaggio dei critici d’arte. Questo rende ancora più prezioso e unico il lavoro di Lucia Valcepina, frutto di due anni di ricerche e scrittura, approfittando della collaborazione di Pierpaolo Nahmias, figlio di Carla e Sandro, a cui il testo è dedicato. Un testo che verrà presentato sabato 25 gennaio alle 21 all’Auditorium di Tavernerio, in dialogo con il giornalista Paolo Moretti. Solo una delle numerose, e doverose, occasioni in cui sarà possibile venire a contatto con la vicenda di una donna straordinaria che si limitava a dire «Non ho fatto la Resistenza, ho fatto resistenza».
la mostra a milano fino al 15 marzo A Carla Badiali la galleria M77 di Milano (via mecenate, 77) dedica, dal 20 gennaio al 15 marzo 2025, un’ampia retrospettiva, organizzata in collaborazione con gli eredi dell’artista, dal titolo Geometria e poesia. La rassegna ripercorre l’intera carriera di Carla Badiali, lungo ben sei decenni di attività, dalla prima metà degli anni ’20 fino alla fine degli anni ’80.
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