Bravo don Giusto, il teatro di Rebbio può già ripartire

Che impresa Quanta solidarietà attorno al “Nuovo” In tre settimane superato il traguardo degli 80mila euro

I numeri misurano il denaro, ma non bastano a raccontare la solidarietà che si è creata attorno al Teatro Nuovo di Rebbio. È passato un mese da quando la sala si è fermata perché non più conforme ai requisiti di sicurezza. Sono bastate tre settimane per raggiungere il traguardo della raccolta fondi lanciata dalla parrocchia insieme a Fondazione Comasca.

Attraverso piccole e grandi cifre, lo scorso venerdì il totale delle donazioni è arrivato (e ha poi superato) la quota di 80mila euro, la cifra “obiettivo” che permetterà la completa copertura delle spese di adeguamento del teatro, anche se la raccolta andrà avanti.

Del resto, anche se c’è un sipario e una platea con 296 poltroncine di velluto, «prima ancora che un teatro, è una sala di comunità», racconta Elena Parravicini, attuale coordinatrice del Teatro Nuovo. «Parroci e volontari che si sono susseguiti a Rebbio hanno sempre avuto l’attenzione a mantenerlo un luogo d’incontro – continua -. Dal grest alle associazioni e alle differenti culture non c’è limite all’ospitalità».

Dietro alla cura di questo piccolo angolo d’arte c’è anche don Giusto Della Valle. «È un polmone culturale», racconta, e ora che la sala è chiusa per lavori, ci si sente come in apnea, come «tagliare una gamba e camminare zoppi». Anche se la chiusura obbligata della sala è scattata a metà gennaio, i lavori di adeguamento erano già cominciati a novembre e ora corrono spediti verso la linea d’arrivo. Ma per la riapertura bisognerà sicuramente aspettare ancora: «Vigili del fuoco e Commissione di vigilanza dovranno dare l’ok - riferisce don Giusto – e questi controlli potrebbero allungare i tempi». Per ora l’obiettivo è tornare in scena questo autunno e recuperare tutti gli spettacoli che sono stati rinviati.

«Una parte sostanziosa riguarda gli eventi musicali e artistici che hanno obiettivi solidali», come nel caso di Aido o degli Amici di Zinviè, una presenza fissa che da 39 anni registra il sold-out e che sostiene progetti di sviluppo in Africa e India.

L’altro grande storico progetto, curato dai volontari da cima a fondo, è la rassegna dialettale, unica nel panorama comasco. Ad organizzarla è sempre stato un uomo solo, Sergio Bani, storico volontario, che svela una curiosità: «La prima rassegna risale all’86 perché qui prima si faceva solo cinema». E la storia di come si è passati dal proiettore agli attori è altrettanto curiosa: «La compagnia di Como città murata veniva a recitare da noi perché non avevano un teatro di riferimento. E così abbiamo imparato anche noi», aggiunge Carlo Pellegatta, braccio destro di Sergio.

Impossibile dare un identikit dello spettatore medio della rassegna dialettale: «Vengono da fuori Como, anche dalla Svizzera. In questi 37 anni abbiamo avuto in tutto 792mila spettatori». Sarà che c’è la consapevolezza che, per lo meno entro i confini del Comune di Como, non esistono teatri così ben strutturati come il Sociale e quello di Rebbio. Per questo motivo il Teatro Nuovo viene spesso reso disponibile ad esterni: «Da anni le scuole del quartiere, come santa Chiara e san Carpoforo, vengono da noi per realizzare spettacoli e saggi», riferisce don Giusto. Lo stesso vale per i gruppi di danza, ma anche per le diverse comunità che vivono nel quartiere. «Questo è un teatro che ha sempre avuto come obiettivo la libertà e l’unione delle espressioni - continua Elena –. Anche se ogni volta che si apre la porta c’è una spesa, in alcuni casi lo spazio viene dato a titolo gratuito a chi ne ha bisogno».

Il sipario in pesante velluto rosso c’è, il palco pure. Ma non bastano. Perché al Teatro Nuovo si recita e si canta come in ogni altro teatro. Però poi ci si incontra, nasce la solidarietà e il quartiere diventa paese.

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